INFILTRAZIONI E RISARCIMENTO

Cass. civ. Sez. VI – 3, Ord., 12-10-2015, n. 20474

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15398/2014 proposto da:

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato GOBBI Goffredo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO GAZZOLA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

GA.PI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA 44, presso lo studio dell’avvocato GIOIOSO Raffaello, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato OTELLO BIGOLIN, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1016/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/04/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/07/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato GOBBI GOFFREDO, che insiste per l’accoglimento del ricorso riportandosi agli scritti.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

1. G.P. proponeva azione ex art. 2051 c.c., nei confronti del suo locatore Ga.Pi. chiedendo che lo stesso fosse condannato al risarcimento danni subiti a seguito di infiltrazioni di acque nere nel magazzino condotto in locazione.

2. La domanda del G. veniva rigettata sia in primo grado che in appello.

3. Avverso la decisione della Corte d’Appello di Venezia, adottata con sentenza n. 1016 del 30 aprile 2013, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il G., formulando tre motivi di ricorso: il ricorrente denuncia 1) la nullità della sentenza o del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento alla erronea valutazione delle prove orali; 2) la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, per l’erronea applicazione dell’art. 2051 c.c.; 3) violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè la nullità della sentenza, per non aver la sentenza impugnata pronunciato in ordine ai danni subiti dal ricorrente.

4. Resiste il Ga. con controricorso.

5. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato per manifesta infondatezza.

6. La domanda del conduttore, volta ad ottenere nei confronti del suo locatore il risarcimento dei danni riportati alla merce ricoverata nel magazzino preso in locazione, danneggiata da una cospicua perdita di acque nere asseritamente dovuta alla rottura di una tubazione del locale concesso in locazione, è stata rigettata sia in primo grado che in appello avendo la corte territoriale, sulla base delle risultanze istruttorie, escluso che vi fosse stata una rottura nella tubazione di pertinenza del convenuto, ed accertato che la perdita, indubbiamente verificatasi, fosse dovuta a causa diversa, ovvero all’intasamento della tubatura condominiale a causa di materiali ingombranti ivi impropriamente sversati da altri condomini.

I motivi di ricorso non sono idonei a porre in discussione la correttezza della decisione.

Il primo deve ritenersi inammissibile in quanto volto esplicitamente a conseguire l’obiettivo, non consentito, di indurre la Corte a procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa ed in particolare delle prove testimoniali.

Il secondo motivo è manifestamente infondato. La corte territoriale ha rigettato la domanda avendo accertato che il danno verificatosi nel magazzino condotto in locazione dal ricorrente non è dovuto ad una rottura o alla omessa manutenzione delle tubature di proprietà esclusiva del locatore, ma alla ostruzione della colonna condominiale, dovuta al fatto del terzo che vi ha immesso materiali inappropriati, in corretta applicazione del principio secondo il quale in caso di danni subiti dal conduttore dell’immobile locato a causa di perdite verificatesi all’interno dell’immobile è esclusa la responsabilità per custodia del locatore allorchè risulti accertata l’esimente del caso fortuito, ovvero che il danno si sia verificato per il fatto di un terzo (o dello stesso danneggiato), ovvero per una causa non imputabile al locatore.

Dal rigetto dei primo due motivi deriva l’assorbimento del terzo, in quanto correttamente, per economia del giudizio, la corte d’appello non ha approfondito l’aspetto dell’entità dei danni riportati dal conduttore, avendo escluso che essi fossero ascrivibili a responsabilità dell’unico soggetto nei cui confronti la domanda era stata coltivata, ovvero il locatore.

7. La decisione impugnata resiste, in definitiva, alle critiche formulate da parte ricorrente. Si propone pertanto il rigetto del ricorso.

8. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio – esaminati i rilievi contenuti nella memoria che non hanno evidenziato profili tali da condurre ad una decisione diversa da quella prospettata nella relazione – ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 2.500,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2015

———————————————————————————————————————

MANUTENZIONE DEL LASTRICO SOLARE E RIPARTIZIONE DELLE SPESE

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 13.8.2015, n. 16851

 

FATTO E DIRITTO

Va premesso che con relazione ex art. 375 c.p.c. si è dedotto quanto segue. 

Il consigliere delegato osserva:

La Corte di appello ha rigettato il gravame del condominio sul presupposto che risponde dei danni provocati dal lastrico solare, anche se di proprietà esclusiva di un condomino, attesa la funzione di copertura del fabbricato.

Rispetto a tale ratio decidendi le odierne censure non sono risolutive per cui si propone il rigetto del ricorso”.

Con ordinanza interlocutoria del 17.9.2014, a seguito di memoria del ricorrente, la causa è stata rimessa alla pubblica udienza.

Il ricorrente denunzia: 

1) violazione dell’art. 112 c.p.c., 132 c.p.c., 118 disp. att. c.c. e vizi di motivazione perché la sentenza impugnata ha affermato che con l’atto di appello il condominio avrebbe sostenuto soltanto che il lastrico in questione non sia mai stato di proprietà condominiale donde nessuna responsabilità ex art. 2051 c.c.; 

2) violazione dell’art. 2697 c.c. e vizi di motivazione perché dalla proprietà di un bene derivanaturaliter l’obbligo della custodia e della manutenzione; 

3) violazione dell’art. 342 c.p.c. e vizi di motivazione perché si era eccepito che all’epoca del fatto lamentato dallo S. il condominio non era ancora costituito.

Resiste con controricorso l’Inps.

Premesso che la causa è stata instaurata da S. contro il condominio di via … in Roma per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti al proprio locale a causa di una infiltrazione di acqua proveniente dal solaio di copertura del piano terra adibito a terrazzo di pertinenza condominiale, osserva il Collegio che le censure sono sostanzialmente riproduttive dei motivi di appello.

Va preliminarmente respinta l’eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso ex art. 348 ter c.p.c. perché le doglianze riguardano essenzialmente vizi di violazione di legge.

La sentenza si fonda essenzialmente sul principio che, in tema di condominio di edifici, il lastrico solare, anche se in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l’obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c. (Cass. 6.3.2012 n. 3465).

La previsione che le spese di manutenzione, riparazione e ricostruzione delle terrazze, anche a livello, equiparate ai lastrici solari, sono disciplinate dall’art. 1126 c.c., che ne prevede la ripartizione in ragione di un terzo a carico del condomino, che abbia l’uso esclusivo, restando gli altri due terzi a carico dei proprietari dei piani o porzioni di piano sottostanti, si colloca nel solco di consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema sul punto (S.U. 29.4.1997 n. 3672, Cass. 13.12.2007 n. 26239, Cass. 17.10.2001 n. 12682, Cass. n. 3465/2012).

Tuttavia, nella specie, il consentito esame degli atti circa la censura in fatto operata dall’appellante in ordine alla proprietà esclusiva dell’Inpdap ed alla non appartenenza al condominio comportava una risposta adeguata ed in concreto.

In ordine al terzo motivo, sostanzialmente riproduttivo del quarto motivo di appello, col quale si lamentava che la data dell’evento dannoso era stata genericamente indicata nel novembre 2002 mentre andava identificata nel 20 novembre 2002, precedente al rogito del 29 novembre 2002, la Corte di appello ha dedotto l’inammissibilità della censura per la sua genericità e la infondatezza posto che il locatore proprietario risponde ex art. 2051 c.c. nei limiti di ciò di cui è custode e delle parti nella custodia del conduttore risponde quest’ultimo, affermazione censurata col rilievo che i conduttori, futuri acquirenti, erano custodi solo degli appartamenti mentre il condominio non era ancora costituito.

Ma, anche sotto questo profilo, la soluzione della vicenda dipende dal quesito sulla proprietà del bene e sulla appartenenza al condominio.

Donde la cassazione con rinvio per un nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese alla Corte di appello di Roma, altra sezione.