IMMOBILE DA COSTRUIRE: NULLO IL PRELIMINARE SENZA CONCESSIONE

Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-10-2015, n. 21527

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10379-2010 proposto da:

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEVERE 4 6, presso lo studio dell’avvocato BIANCA FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato CARUSO TERESA;

– ricorrente –

contro

ESSE COSTRUZIONI SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso il provvedimento n. 166/2009 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 28/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/07/2015 dal Consigliere Dott. NUZZO LAURENZA;

udito l’Avvocato DI BARTOLOMEO Maria, con delega depositata in udienza dell’Avvocato CARUSO Teresa, difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CERONI Francesca, che ha concluso per l’inammissibilità in sub rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato nell’ottobre 2003 C.A. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Ancona, sez. dist. di Fabriano,la Esse Costruzioni s.r.l, chiedendo sentenza costitutiva, ex art. 2932 c.c., del trasferimento di un immobile, sito in (OMISSIS), promessogli in vendita con scrittura privata del 30.4.1998. Con sentenza,ex art. 281 sexies c.p.c., emessa all’udienza del 3.12.2004, il Tribunale adito trasferiva a C.A. la porzione di fabbricato urbano allo stato grezzo, di circa 75 mq. con autorimessa di circa 20 mq., come indicato in detto preliminare di vendita.

Avverso tale sentenza la Esse Costruzioni proponeva appello cui resisteva l’appellato.

Con sentenza depositata il 28.2.2009 la Corte di Appello di Ancona, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda del C. e compensava integralmente le spese del grado.

Osservava la Corte di merito che, nella specie, trovava applicazione la L. n. 47 del 1985, art. 17, trattandosi di immobile realizzato successivamente all’entrata in vigore della L. stessa che “prevede la nullità degli atti tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali relativi ad edifici o loro parti ove da essi non risultino, per la dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria prevista dal precedente art. 13”.

Avverso tale decisione C.A. propone ricorso affidato a due motivi.

La società intimata Esse Costruzioni s.r.l. non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione
Il ricorrente deduce:

1) violazione e/ o falsa applicazione di legge, per mancato rispetto del principio del contraddittorio, con riferimento all’art. 101 c.p.c. e artt. 24 e 111 Cost., stante la mancata segnalazione, da parte del Giudice di Appello, in violazione del diritto di difesa, del rilievo di ufficio sull’applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 17, per il mancato deposito, in primo grado, della concessione edilizia, depositata in grado di appello dalla parte alienante, rimasta contumace in primo grado.

A conclusione della censura viene formulato il quesito di diritto: se la Corte di Appello, considerato il rilavo ex officio della violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17, sia venuta meno al dovere di provocare sul punto il contraddittorio delle parti, determinando la nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa;

2)omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia;

violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17 in relazione all’art. 2932 c.c., ed omessa valutazione della produzione in appello delle concessioni edilizie n. 3821 del 6.5.1998 e n. 4098 del 23.1.1999 e di tutta la documentazione urbanistica prodotta da parte appellante, alienante contumace in primo grado; la produzione di tale documentazione urbanistica sarebbe sottratta alla normale attività di produzione della parte, potendo avvenire anche in appello, purchè prima della relativa decisione, con efficacia sanante della nullità affermata dalla Corte di merito, posto che le dichiarazioni dei contraenti sul regime urbanistico dell’immobile oggetto del contratto sono rapportate alla nullità del negozio, mirante alla tutela dell’acquirente inconsapevole dell’irregolarità urbanistica dell’immobile onde ottenere una sentenza costitutiva del trasferimento dell’immobile.

Il ricorso è infondato.

In ordine al primo motivo si osserva che, in tema di e-secuzione specifica l’obbligo di concludere un contratto di compravendita di un immobile, il difetto di concessione edilizia o in sanatoria è rilevabile anche di ufficio, in ogni stato e grado del giudizio sicchè non può ravvisarsi sul punto la dedotta violazione del contraddit-torio ( Cass. S.U. n. 23825/2009).

Privo di fondamento è il secondo motivo. E’ pur vero che , secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 13117/2010), deve essere consentito al promissario acquirente di provvedere alla produzione dei documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., ma, nella specie, non vi è prova di detta documentazione che sarebbe stata prodotta dalla promittente venditrice e, sotto il profilo dell’autosufficienza del ricorso, non ne è stato neppure indicato il contenuto.

Va aggiunto che la Corte di merito ha accertato che il contratto preliminare riguardava un appartamento ancora da costruire e, quindi, la concessione edilizia non poteva riferirsi all’immobile già realizzato.

Tale accertamento, preclusivo della pronuncia di sentenza costituiva per la diversità del bene interessato dalla concessione edilizia, non è stato censurato sicchè la doglianza non coglie neppure la complessiva ratio decidendi.

Il ricorso va, pertanto, rigettato. Nulla per le spese del presente giudizio di legittimità, stante il difetto di attività difensiva della società intimata.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 16 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2015

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AREA DI PARCHEGGIO E INQUINAMENTO

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 10.11.2015,
n. 22908

RITENUTO IN FATTO
1. I.K., U M. e T.I. convennero in giudizio, innanzi al Tribunale di Bolzano (Sezione distaccata di Merano), D.F.J. e – premettendo di essere proprietari di alcune particelle fondiarie site nel Comune di … costituenti parte di una strada privata posta a confine con la proprietà del convenuto – esposero che quest’ultimo aveva costruito dieci nuovi posti-auto coperti sul proprio terreno al servizio della pensione K. ivi esistente, posti-auto raggiungibili solo attraverso la strada privata posta sul fondo di essi istanti; lamentarono che il più intenso uso della strada de qua aveva determinato un aumento del traffico veicolare ed un incremento delle emissioni nocive e sonore.
Chiesero, pertanto, la reintegrazione nel possesso della strada privata e comunque la manutenzione di tale possesso, mediante l’emissione di ordinanza interdittale che vietasse al D.F.J. di utilizzare la detta strada per raggiungere i nuovi posti-auto da lui edificati.
Nella resistenza del convenuto, il Tribunale adito, con ordinanza, rigettò la richiesta di tutela possessoria; e tale rigetto fu confermato dal Tribunale collegiale a seguito del reclamo proposto dagli attori.
Promosso il giudizio di merito, il Tribunale di Bolzano rigettò la domanda attrice, sul presupposto che il D.F.J. doveva essere considerato compossessore iure proprietatisdella strada e che il maggior uso di essa – in ragione della costruzione dei parcheggi – non rappresentava una sottrazione del potere di fatto sulla cosa, in quanto non impediva agli attori di utilizzare la strada con le medesime modalità.
2. Sul gravame proposto dagli originari attori, la Corte di Appello di Trento (Sezione distaccata di Bolzano), con sentenza del 17.8.2010, confermò la pronuncia di primo grado.
3. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono I.K., U.M. e T.I., sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso D.F.J..
Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1140, 1142 e 1146, primo comma, cod. civ. nonché l’insufficiente, contraddittoria e/o illogica motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte di merito negato la tutela possessoria nonostante che risultasse provato che il precedente possesso della strada esercitato dal padre del convenuto – nel quale possesso quest’ultimo era subentrato iure hereditatis – fosse limitato all’utilizzo della strada ai fini agricoli (al servizio del fondo agricolo ereditato dal fratello del convenuto) e non includesse l’utilizzo della strada ai fini aziendali-turistici (al servizio della pensione gestita dal convenuto). Avrebbe errato, perciò, la Corte territoriale ad applicare la presunzione di possesso intermedio di cui all’art. 1142 cod. civ., in quanto il possesso esercitato dal padre del D.F.J. aveva un contenuto diverso rispetto al possesso che il convenuto pretendeva di esercitare.
La censura non è fondata.
È pacifico e non è oggetto di censura che il convenuto è comproprietario, con gli attori, della stradella per cui è causa (p. 9 della sentenza impugnata); pertanto, sulla detta stradella il D.F.J. esercita un compossesso che comprende tutte le facoltà corrispondenti al diritto di proprietà.
Trattandosi di compossesso iure proprietatis,e non di possesso iure servitutis, non rileva la circostanza che il dante causa dell’attore utilizzasse la stradella solo a fini agricoli, e non ad altri fini; ciò in quanto il proprietario ha diritto di godere della cosa in modo pieno e con ogni modalità ritenga, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi previstidall’ordinamento giuridico (art. 873 cod. civ.). La materia, in tema di comunione, è regolata dall’art. 1102 cod. civ., per cui ciascun partecipante alla comunione può esercitare sul bene la facoltà di godimento nei modi che ritenga più opportuni, purché non ne alteri la destinazione e non impediscaagli altri condòmini di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Pertanto, l’utilizzo della stradella a soli fini agricoli da parte del de cuius non esclude la facoltà del convenuto di utilizzare la stradella anche ad altri fini (come quelli relativi all’azienda turistica). Esattamente, dunque, la Corte territoriale – tenuto conto che, ai sensi dell’art. 1146, primo comma, cod. civ., il convenuto era succeduto nel compossesso del padre a seguito del suo decesso – ha fatto applicazione della presunzione di cui all’art. 1142 cod. civ.. Sul punto, va ricordato che il possesso o la detenzione qualificata possono essere conservati solo animo ove il possessore abbia la possibilità di ripristinare il contatto materiale con la cosa non appena lo voglia (Sez. 1, Sentenza n. 4404 del 28/02/2006).
2. Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1102,1168 e 1170 cod. civ., nonché l’insufficiente, contraddittoria e/o illogica motivazione della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale escluso che il mutamento delle modalità di esercizio del possesso rispetto allo status quo ante – con il conseguente maggior traffico veicolare sulla stradella e con l’aumento dei rumori e degli agenti inquinanti – costituisse spoglio o molestia.
Anche questa censura è infondata.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione degli artt. 1102, 1168 e 1170 cod. civ., ritenendo che il più inteso uso della cosa comune (ammesso anche dal convenuto) non ha determinato né la privazione del compossesso in favore degli altri proprietari della stradella né un aggravamento o una limitazione nel relativo esercizio. Quanto all’aumento di rumori e agenti inquinanti, i giudici di merito hanno ritenuto che – in concreto – l’incremento del passaggio nella misura di appena 10 automobili non generi tale effetto, tanto più considerato il fatto che lo stesso percorso è utilizzato sia per raggiungere altre strutture ricettive sia per il passaggio di mezzi agricoli che cagionano più intense immissioni sonore e nocive.
Trattasi di valutazione di merito, che, essendo sorretta da motivazione esente da vizi logici e giuridici, non è sindacabile in sede di legittimità.
3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro