Modifica del regolamento contrattuale in condominio

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 21.9.2017, n. 21965

ESPOSIZIONE DEL FATTO
Con atto di citazione del 04.10.2008 G.L. conveniva innanzi al Tribunale di Firenze il Condominio … deducendo che:
– il condominio convenuto era dotato di un regolamento, approvato all’unanimità dall’assemblea 26.05.1988, che prevedeva, all’art. 45, che le spese occorrenti per i solleciti o le pratiche legali fossero ad esclusivo carico dei condòmini che le provocavano;
– l’assemblea non totalitaria dell’11.03.1999 aveva deliberato che le spese di fotocopie, fax e telefoniche, se non di interesse comune e non dirette simultaneamente a tutti i condòmini, avvenissero con addebito di  spesa personale, secondo un tariffario (c.d. tariffario B.) approvato dalla stessa assemblea;
– l’assemblea non totalitaria del 18.12.2003 aveva confermato il tariffario ed aveva stabilito un meccanismo di controllo per verificare se le spese e le competenze dell’amministratore fossero riferibili all’interesse comune o a quello di singoli condòmini;
– in base a tale delibera, in particolare, si consideravano spese condominiali “le spese fatte nell’interesse comune per deliberato o ratifica assembleare, per adempimenti di legge e/o per attuare quanto necessario a tutelare gli interessi del Condominio; si consideravano, invece, personali le spese richieste o indotte dai singoli, le lettere inviate a tutti dall’amministratore, sia per conoscenza sia per consulenza, ma indotte dal singolo per suo personale interesse, come pure le spese per la convocazione di assemblee straordinarie non dovute a termini di legge e di interesse privato; si statuiva inoltre che “gli addebiti avvenissero secondo un criterio di interesse e responsabilità” a seguito di accertamenti e verifiche da parte dell’amministratore di eventuale pretestuosità delle richieste;
– l’assemblea del 5.5.2005 aveva approvato il consuntivo 2004-2005 ed aveva attribuito al condomino L. “spese personali amministratore” per euro 748 e spese personali per intervento imbianchino per euro 55.
Ciò premesso, il condomino G.L. chiedeva accertarsi la nullità della delibera 18.12.2003 per violazione del principio secondo cui la responsabilità di un condomino verso il condominio o altri condòmini ex art. 2043 c.c. non poteva essere oggetto di statuizione assembleare, come tale vincolante anche per il danneggiante, nonché per violazione del principio di ripartizione delle spese tra i condòmini di cui all’ art. 1123 c.c., valevole anche per le spese di amministrazione.
Chiedeva, altresì, accertarsi la nullità della delibera del 5.5.2005, nella parte relativa alla ripartizione delle “spese personali amministratore” di cui euro 748 imputate ad esso attore che, invece, avrebbero dovuto ripartirsi tra tutti i condòmini.
(omissis)
La Corte d’Appello di Firenze, per quanto qui ancora rileva, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la nullità della delibera 18.12.2003, nella parte in cui attribuiva al condominio il potere di condannare il singolo condomino, colpevole di aver cagionato un costo per una “patologica attivazione” dell’amministratore, al risarcimento di un danno previamente liquidato in favore del condominio stesso.
Confermava nel resto la sentenza di primo grado.
La Corte precisava che la nullità della delibera 18.12.2003 andava invece esclusa con riferimento alle spese per solleciti dell’amministratore al singolo condomino, in forza dalla previsione dell’art. 45 del regolamento condominiale.
Tale disposizione doveva ritenersi idonea a derogare ai principi in materia di risarcimento cagionato al condominio dal singolo partecipante, in quanto contenuta nel regolamento adottato all’unanimità e, come tale, avente natura contrattuale, mentre la successiva delibera del 18.12.2003 era stata approvata a maggioranza.
Per la cassazione di detta sentenza propone ricorso, con tre motivi, il condominio ….
G.L. resiste con controricorso.
(omissis)

CONSIDERATO IN DIRITTO
(omissis)
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza (omissis) deducendo che la Corte non ha tenuto conto del comportamento assembleare ed extra assembleare tenuto dai condòmini ed, in particolare, che già prima della delibera del 18.12.2003 esisteva “un sistema” che poneva a carico dei singoli condòmini, come spese personali, le spese per solleciti, corrispondenza, sopralluoghi, telefonate, fax e fotocopie non di interesse comune e non dirette contestualmente a tutti i condòmini, sistema approvato dall’assemblea del 11.03.1999 adottata a maggioranza, ed al quale i condòmini assenti hanno dato assenso postumo con comportamenti concludenti.
Il motivo è inammissibile sotto diversi profili, sia per novità della questione, proposta per la prima volta in sede di legittimità, sia per carenza di decisività, in quanto non coglie la ratio della pronuncia.
Sotto il primo profilo, premesso che il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare non solo l’avvenuta deduzione delle questioni avanti al giudice di merito, ma altresì in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare il merito (Cass. Civ. 1562/2010), non risulta che nel corso del giudizio di merito sia stata sollevata la questione relativa all’esistenza, già prima della delibera del 18.12.2003 di un “sistema”, condiviso ed accettato, con comportamento concludente da tutti i condòmini, di cui la delibera suddetta costituiva mera specificazione.
D’altro canto, il motivo non coglie la ratio della pronuncia, che ha specificamente affermato la nullità della delibera del 18.12.2003, non adottata all’unanimità, in quanto, in deroga ai criteri di cui all’art 1123 c.c., attribuiva al condominio il potere discrezionale, di imputare al singolo condomino, a titolo risarcitorio, le spese conseguenti ad una “patologica attivazione dell’amministratore”, introducendo un ulteriore e diverso criterio di ripartizione delle spese.
Il giudice di appello ha altresì affermato che non poteva assumere rilievo, ai fini della modifica dell’originario regolamento contrattuale e della validità della delibera del 18.12.2003, non approvata all’unanimità, il comportamento concludente dei condòmini.
Tale statuizione è conforme al consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo cui, per la modifica di clausole del regolamento di condominio, avente natura contrattuale, è richiesto il consenso, manifestato in forma scritta “ad substantiam” di tutti i partecipanti alla comunione, non essendo a tal fine rilevante il mero comportamento tenuto dai condòmini in altre assemblee o in sede extra assembleare (Cass. Civ. SS. UU. Sent 943/1999).
Il ricorso va dunque respinto ed il Condominio … va condannato alla refusione delle spese del presente giudizio, che si liquidano come da dispositivo.
(omissis)

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi 1.700 euro, di cui 200 euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali in misura del 15% ed accessori di legge

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Recesso orale dal contratto di locazione

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI-3 civ., ord. 27.9.2017, n. 22647

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La motivazione del presente provvedimento può essere redatta in forma semplificata.
M.R., nella qualità di locatrice, otteneva l’emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti della C., co-conduttrice dell’immobile, per il pagamento di alcuni canoni di locazione richiesti a seguito del recesso senza preavviso di quest’ultima.
Il Tribunale di Napoli accoglieva l’opposizione proposta dalla C., la quale aveva dedotto di aver preavvisato oralmente la M.R. della sua intenzione di recedere il contratto e che, d’accordo con la stessa, aveva anche individuato il nominativo di un’altra persona che avrebbe preso il suo posto.
La Corte d’appello ha rigettato l’impugnazione proposta dalla M.R..
Quest’ultima ricorre avverso tale sentenza per due motivi. Resiste la C. con controricorso e successive memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Anzitutto va premesso che il contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta L. n. 431 del 1998, ex art. 1, comma 4, è affetto da nullità assoluta, rilevabile da entrambe le parti e d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all’evasione fiscale (Sez. U, Sentenza n. 18214 del 17/09/2015; Sez. 3, Sentenza n. 14364 del 14/07/2016).
Ciò posto, questa Corte ha ripetutamente affermato che la risoluzione consensuale di un contratto può avvenire anche con una manifestazione tacita di volontà, salvo che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam (Sez. 3, Sentenza n. 3245 del 02/03/2012; Sez. 3, Sentenza n. 25126 del 27/11/2006).
Nella specie, il contratto da risolvere è soggetto all’obbligo della forma scritta ad substantiam e quindi deve essere quindi affermato il seguente principio di diritto:
“il contratto di locazione ad uso abitativo, soggetto all’obbligo di forma scritta ai sensi della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, deve essere risolto con comunicazione scritta, non potendo, in questo caso, trovare applicazione il principio di libertà delle forme, che vale solamente per i contratti in forma scritta per volontà delle parti e non per quelli per i quali la forma scritta sia prescritta dalla legge ad substantiam”.
Conseguentemente, il patto dedotto dalla C., secondo la quale essa si sarebbe accordata oralmente con la M.R. circa la rinunzia al preavviso di recesso in forma scritta previsto dal contratto, è nullo.
Con il secondo motivo si censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la domanda relativa ai canoni ulteriormente maturati fosse inammissibile perché di natura riconvenzionale.
Il motivo è fondato, in quanto non si tratta di domanda riconvenzionale, bensì di domanda accessoria a quella principale. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio.

P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.