Condominio minimo e maggioranza deliberativa

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 7.7.2017, n. 16901

Fatti di causa
1. Con atto di citazione notificato il 21 luglio 2003, L.L. e S.M. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Ravenna, L.E. e I.G., esponendo di essere rispettivamente usufruttuaria e nuda proprietaria di un appartamento in … sito al piano terra di un fabbricato di due soli appartamenti che nella restante parte era di proprietà dei convenuti; che non si era mai costituito formalmente alcun condominio né erano mai state formate le tabelle millesimali; che i convenuti, comproprietari dell’altro appartamento, di loro iniziativa avevano dato corso a lavori di manutenzione dell’immobile senza il consenso di esse attrici; che in data 19 giugno 2003 si era tenuta un’assemblea condominiale, cui le esponenti non avevano partecipato, nella quale era stata deliberata la formazione provvisoria delle tabelle millesimali e la ripartizione, provvisoria e salvo conguaglio, tra i condòmini, sulla base delle tabelle, delle spese sostenute per la manutenzione delle parti comuni.
Tanto premesso, le attrici chiedevano che fosse dichiarata la nullità o l’invalidità della delibera anzidetta o che la stessa fosse annullata siccome illegittima, sia per difetto di convocazione sia per il mancato raggiungimento del quorum necessario, e che il Tribunale dichiarasse che nessuna somma era da loro dovuta ai condòmini per mancanza dei presupposti di legge.
I convenuti si costituivano in giudizio e chiedevano il rigetto della domanda.
2. Il Tribunale di Ravenna, con sentenza in data 29 settembre 2006, rigettava la domanda: rilevando che l’avviso di convocazione dell’assemblea era stato recapitato ad un incaricato delle due attrici con lettera raccomandata in data 11 giugno 2013 recante l’ordine del giorno concernente l’approvazione delle tabelle millesimali e la ripartizione delle spese per lavori di ristrutturazione già eseguiti; e precisando che la deliberazione aveva provveduto sui punti all’ordine del giorno soltanto in via provvisoria, senza prendere alcuna decisione definitiva.
3. Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 7 giugno 2012, la Corte d’appello di Bologna ha accolto il gravame della L.L. (deceduta nelle more dell’appello) e della S.M. e, in riforma dell’impugnata sentenza, ha annullato la deliberazione condominiale, dichiarando l’insussistenza di un obbligo delle appellanti di partecipare alla ripartizione delle spese inerenti all’esecuzione dei lavori oggetto della deliberazione.
La Corte d’appello ha escluso che la deliberazione impugnata fosse priva di effetti concreti riflettentisi sul patrimonio dei condomini: la deliberazione, infatti, non si limitava a rinviare ad altra assemblea la definitiva formazione delle tabelle, ma provvedeva ad una formazione delle stesse, sia pure in via provvisoria, provvedendo alla ripartizione dei lavori di manutenzione, ossia alla suddivisione dei costi di tali opere tra i singoli condòmini, sulla base della tabella approvata in via provvisoria, salvo conguaglio, “onde evitare azioni legali da parte delle ditte interessate che vogliono riscuotere il corrispettivo dei lavori eseguiti”.
La Corte d’appello ha quindi ritenuto invalida la delibera impugnata, sotto il profilo dell’annullabilità: trattandosi di condominio minimo, composto da due soli partecipanti, la deliberazione è stata adottata in violazione del principio dell’unanimità.
Nel dichiarare che nulla è dovuto dalla L.L. e dalla S.M. quale contributo per le spese di realizzazione dei lavori oggetto della deliberazione, la Corte d’appello ha rilevato che i condomini L.E. e I.G. non hanno mai nemmeno allegato l’urgenza dei lavori da loro disposti sulla cosa comune e oggetto della impugnata deliberazione, ed ha escluso che i lavori stessi fossero stati comunque approvati dalle appellanti.
4. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il L.E. e la I.G. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 17 giugno 2013, sulla base di tre motivi.
(omissis)
Ragioni della decisione
(omissis)
3. Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 1105 e 1136 cod. civ.) si pone il quesito se in un condominio minimo sia legittima la verbalizzazione della propria volontà da parte di un condomino rispetto alla soluzione di problematiche che riguardano l’amministrazione del fabbricato in forme che non obbligano l’altro condomino assente, ma comunque regolarmente convocato.
3.1. Il motivo è infondato.
Esso muove da un erroneo presupposto di fatto, ossia dal rilievo che la delibera oggetto di impugnazione si sarebbe limitata a verbalizzare le intenzioni e la volontà non obbligante espresse dai comproprietari dell’altra unità immobiliare.
Si tratta di un presupposto che collide con quanto ha incensurabilmente accertato il giudice del merito, il quale ha evidenziato come in realtà il contenuto e l’effetto della delibera assembleare consistano nel creare obblighi in capo al condomino assente.
Di qui la correttezza in punto di diritto della sentenza impugnata, posto che nel condominio c.d. minimo (formato, cioè, da due partecipanti con diritti di comproprietà paritari sui beni comuni), le regole codicistiche sul funzionamento dell’assemblea si applicano allorché quest’ultima si costituisca regolarmente con la partecipazione di entrambi i condomini e deliberi validamente con decisione “unanime”, tale dovendosi intendere quella che sia frutto della partecipazione di ambedue i comproprietari; ove, invece, non si raggiunga l’unanimità, o perché l’assemblea, in presenza di entrambi i condomini, decida in modo contrastante, oppure perché, come nella specie, alla riunione – benché regolarmente convocata – si presenti uno solo dei partecipanti e l’altro resti assente, è necessario adire l’autorità giudiziaria, ai sensi degli artt. 1105 e 1139 cod. civ., non potendosi ricorrere al criterio maggioritario (Cass., Sez. II, 2 marzo 2017, n. 5329).
4. Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per compensi, oltre alle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge

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Fotovoltaico e uso delle parti comuni

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 29.11.2017, n. 28628

Ritenuto che la Corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata 1’8/9/2014, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città del 9/5/2012, accolto l’appello del Condominio …, respinse l’impugnazione proposta da R.S. avverso la delibera del 14/10/2011, con la quale il condominio aveva negato la chiesta autorizzazione per l’installazione di un impianto fotovoltaico ad uso personale da collocarsi su una porzione del tetto dell’edificio;
che la determinazione d’appello dissentì da quella di primo grado valorizzando quanto appresso:
a) l’assemblea non era stata posta in condizione di conoscere il progetto e, pertanto, non poteva essere in grado di valutarne la conformità all’art. 1120 o all’art. 1102, cod. civ.;
b) gli aspetti tecnici, al contrario di quel che aveva ritenuto il tribunale, non attenevano alla buona esecuzione dell’opera, ma incidevano sulla configurabilità del diritto dei singoli condòmini di far un uso legittimo più intenso della cosa comune e sull’assenza di fattori pregiudizievoli per l’edificio;
c) la struttura messa in opera dal condomino, approfittando della sentenza favorevole di primo grado, appariva del tutto difforme da quanto dal medesimo enunciato e assai più invasiva (non un sottile foglio fotovoltaico da porre in aderenza sul tetto, ma una pluralità di pannelli impiantati sullo stesso);
che avverso quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione R.S., illustrando duplice censura e che il Condominio resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria, con il quale propone ricorso incidentale, articolato su due doglianze.
Considerato che il primo motivo, con il quale viene allegata la violazione dell’art. 345, cod. proc. civ., per non avere la Corte torinese, sibbene espressamente sollecitata, provveduto ad estromettere dal materiale probatorio una consulenza di parte depositata dall’appellante, senza che ricorressero le condizioni di novità e indispensabilità, è privo di fondamento, in quanto il deducente non spiega in alcun modo che uso abbia fatto la sentenza gravata di tale consulenza e, quindi, che vulnus egli ne abbia ricevuto, dovendosi a ciò soggiungere che il documento in parola costituiva una mera allegazione difensiva, e non già una prova, resa necessaria dalla necessità di allegare il tipo di lavori posti in essere dal ricorrente, immutando i luoghi, dopo la sentenza del Tribunale, appellata dal Condominio.
Considerato che il secondo motivo con il quale viene dedotta la violazione degli artt. 1120 e 1102, cod. civ., poiché l’applicazione della pellicola fotovoltaica non avrebbe implicato alcuna modificazione della cosa comune, né alterato la sostanza e la funzione di questa, è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile, poiché il ricorrente non attinge la ratio decidendi d’appello: il R.S. non aveva fornito al Condominio gli elementi di conoscenza atti a poter qualificare l’intervento e valutarne la legittimità.
Considerato che il primo motivo incidentale è fondato, stante che la sentenza d’appello, per mera omissione materiale, ha ingiustamente omesso, in violazione dell’art. 91, cod. proc. civ., di porre a carico della parte soccombente l’esborso vivo per spese d’iscrizione a ruolo, ammontanti ad euro 675, affrontato dalla parte vittoriosa e che, cassata sul punto la sentenza d’appello, in questa sede può emettersi decisione nel merito, non essendovi accertamenti ulteriori da compiersi.
Considerato che il secondo motivo incidentale, con il quale il Condominio lamenta la violazione dell’art. 100, cod. proc. civ., per non essere stato negato l’interesse del R.S. all’annullamento della delibera, resta assorbito dal rigetto del ricorso principale;
(omissis)
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e accolto il primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, cassa in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida in euro 675 le spese vive del giudizio d’appello in favore del Condominio ….
Condanna R.S. a rimborsare al Condominio le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200, ed agli accessori di legge.