Realizzazione di terrazza ad uso esclusivo in condominio

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 25.1.2018, n. 1850

Fatti di causa e ragioni della decisione
La F. s.a.s. impugna, articolando un unico motivo di ricorso, la sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 791/2016 del 7 aprile 2016.
Il Condominio … resiste con controricorso.
La Corte d’Appello di Venezia ha confermato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Venezia il 19 febbraio 2014, che aveva accolto la domanda di merito possessorio volta alla reintegrazione del Condominio … nel possesso della parte di tetto eliminata dalla condomina F. s.a.s. per realizzarvi una terrazza accessibile solo dall’unità immobiliare in sua proprietà esclusiva, rendendo così fruibili i locali posti nel vano sottotetto. La Corte d’Appello ha ribadito che il tetto ha natura di parte condominiale (mentre il vano sottotetto è di proprietà individuale della F. s.a.s.) e che, alla stregua dell’espletata CTU, era rimasto accertato che le opere realizzate avevano comportato l’eliminazione di una porzione di tetto idonea a realizzare una terrazza avvolgente, corrente lungo i lati nord, est e sud dell’appartamento dell’ultimo piano. Tale condotta è stata definita dalla Corte di Venezia “ablativa”, avendo essa pregiudicato l’uso e sottratto il bene al compossesso dei condòmini, visto che, in corrispondenza della falda di copertura eliminata, era stato posto il piano di calpestio della nuova terrazza, accessibile soltanto dall’appartamento della F. s.a.s.. La sentenza impugnata ha quindi evidenziato come gli altri condòmini non avessero più possibilità di utilizzare il tetto per collocarvi antenne e pannelli solari o fotovoltaici, e come risultasse compromessa la funzione di copertura e di protezione svolta dallo stesso bene comune, essendo stata realizzata sulla terrazza la stessa pavimentazione dei locali sottotetto.
L’unico motivo di ricorso della F. s.a.s. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1102 c.c., richiama l’interpretazione che di tale norma dà la giurisprudenza di questa Corte, contesta la “condotta ablativa” ravvisata dalla Corte di Venezia, richiama stralci della CTU ed assume che le opere da essa realizzate non hanno pregiudicato l’uso del tetto, né alterato l’originaria funzione di impermeabilizzazione. La censura conclude affermando “l’ingiustizia della sentenza impugnata per violazione di legge”.
(omissis)
La Corte d’Appello di Venezia ha deciso la questione di diritto ad essa sottoposta in maniera conforme all’interpretazione di questa Corte.
Il precedente giurisprudenziale, che la ricorrente invoca e che cita la stessa sentenza impugnata, ha affermato che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, ma sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene, in rapporto alla sua estensione, e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio di una terrazza mediante idonei materiali (Cass. Sez. 2, 03/08/2012, n. 14107; si veda anche Cass. Sez. 6-2, 04/02/2013, n. 2500). È evidente come l’accertamento circa la non significatività del taglio del tetto praticato per innestarvi la terrazza di uso esclusivo (non significatività, nella specie, del tutto negata dalla Corte di Venezia, la quale ha piuttosto accertato come fosse stata realizzata una terrazza avvolgente, corrente lungo i lati nord, est e sud dell’appartamento della ricorrente) e circa l’adeguatezza delle opere eseguite per salvaguardare la funzione di copertura e protezione dapprima svolta dal tetto (adeguatezza del pari negata dalla Corte d’appello, la quale ha riscontrato l’apposizione sulla terrazza della stessa pavimentazione dei locali sottotetto) è riservato al giudice di merito e, come tale, non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 1102 c.c., ma soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.c..
Con riferimento all’utilizzazione della cosa comune da parte di un singolo condomino con modalità particolari e diverse rispetto alla sua normale destinazione, il riscontro dei limiti imposti dall’art. 1102 c.c. è frutto di un’indagine di fatto, mediata dalla valutazione delle risultanze probatorie, che non può essere sollecitata ulteriormente tramite il ricorso per cassazione, come se esso introducesse un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata.
Il ricorso va perciò rigettato e la ricorrente va condannata a rimborsare al controricorrente Condominio … le spese del giudizio di cassazione.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

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Canna fumaria e rimozione eternit in condominio

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 31.1.2018,n. 2415

Ritenuto che M.C., con citazione del 16 dicembre 2008, si oppose alla delibera del Condominio …, dell’11/8/2008, con la quale era stata disposta l’eliminazione di due canne fumarie realizzate in eternit, poste a servizio dell’appartamento del medesimo, e ratificato l’operato dell’amministratore, il quale, in via d’urgenza, a sèguito d’intervento dei Vigili del Fuoco, aveva fatto turare le falle ponendo lo speso, ammontante ad euro 1.500 a carico del M.C.;
che il Tribunale di Terni, con sentenza n. 671/2011, annullò la delibera, limitatamente al punto 4 della stessa, con la quale era stato addebitato il costo del ripristino al M.C.;
che la Corte d’appello di Perugia, accolta l’impugnazione del Condominio, rigettò la domanda del M.C., confermando la validità della deliberazione assembleare;
che il diverso opinare del giudice d’appello trova esaustiva sintesi giustificativa nei termini seguenti: «L’assenza di elementi che possano testimoniare l’installazione da parte del M.C. delle canne fumarie in oggetto, risulta irrilevante, in quanto l’esclusiva proprietà di quest’ultime prescinde totalmente dalla personale installazione, ciò che rileva è la circostanza non contestata che le canne fumarie erano unicamente al servizio dell’appartamento di proprietà del condomino M.C.» e, pertanto, non potevano trovare applicazione i criteri di riparto previsti dall’art. 1123, cod. civ.;
che avverso quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione M.C., illustrando tre motivi di censura e che alcuno ha depositato difese in contrasto;
considerato che con il primo motivo viene allegata la violazione degli artt. 1137 e 1135, cod. civ., che la delibera assembleare aveva travalicato dai poteri che le erano propri, avendo inciso sulla sfera giuridica soggettiva del ricorrente, addebitandogli responsabilità aquiliana, così impingendo in radicale nullità;
che la doglianza è fondata, in quanto:
a) all’assemblea condominiale, siccome correttamente evidenziato dal Tribunale (sul punto non consta presa di posizione della Corte d’appello), non è consentito accertare fattispecie di responsabilità in capo al singolo condomino, vertendosi al di fuori delle attribuzioni legali assegnate al meccanismo deliberativo in parola;
b) questa Corte ha già avuto modo di condivisamente chiarire che è affetta da nullità (la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ed ancorché abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 cod. civ.) la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condòmini, si modifichino i criteri legali (art. 1123 cod. civ.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune; ciò, perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca (omissis);
considerato che il secondo motivo, con il quale viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2373, cod. civ., poiché la delibera era stata presa in situazione di conflitto d’interesse, in quanto gli altri condòmini avevano l’interesse ad addebitare lo speso in via esclusiva al M.C. (a non voler considerare che la censura non risulta essere stata ritualmente riproposta in appello), non ha comunque alcun fondamento, stante che la situazione di conflitto d’interesse presa in considerazione dalla legge non coincide, al contrario di quel che assume il ricorrente, con il sussistere di un interesse di fatto del singolo votante ad una decisione piuttosto che ad un’altra, che importerebbe la paralisi dell’organo deliberativo, bensì nello specifico ed elettivo interesse, diverse da quello generico e fattuale, portato da uno dei votanti, in ragione delle sua precipua posizione; che in tal senso si è già più volte espressa questa Corte, la quale ha chiarito che sussiste il conflitto d’interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condòmini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio (principio affermato dalla S.C. con riguardo alla delibera di sistemazione del tetto e ripulitura del canale di gronda, motivatamente apprezzati nella sentenza impugnata come attività inquadrabili nella manutenzione ordinaria del fabbricato e non coinvolgenti la responsabilità del costruttore – anche condomino votante -, per presunti vizi dell’edificio, tra l’altro in assenza di specifica contestazione di difetti costruttivi) – Sez. 2, n. 10754, 16/5/2011 -;
(omissis)
considerato che avuto riguardo del principio enunciato in ordine al primo motivo la sentenza d’appello deve essere cassata con rinvio;
che nulla va disposto per le spese di questo giudizio non avendo il Condomino svolto difese;
P.Q.M.
accoglie il primo motivo, rigetta il secondo e dichiara assorbito il terzo; cassa e rinvia alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione.