Emissioni rumorose in condominio

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 17124/2018

1. Con sentenza in data 21.2.2017 il Tribunale di Pescara ha condannato P.S. alla pena di euro 300 di ammenda ritenendola responsabile del reato di cui all’art. 659 c.p. per avere, in qualità di gestore pro-tempore di una palestra ubicata in un edificio condominiale, arrecato disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone mediante la musica ed il rumore proveniente dall’impianto di aereazione.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputata ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione congiunto con il quale lamenta:
(omissis)
2) l’esecuzione di due soli controlli tecnici, di cui uno risalente all’1.9.2009 che aveva rilevato il superamento del valore limite di differenziale sonoro dell’impianto tecnologico di aereazione e l’altro eseguito in data 23.10.2013 che aveva rilevato il superamento del differenziale per il solo impianto di aereazione nel tempo di osservazione diurno, invece escluso per la rumorosità della musica amplificata, il che, oltre ad evidenziare la contraddittorietà della motivazione, basata su rilevamenti discordanti, esclude l’imputabilità dell’imputata subentrata nella gestione della palestra solo dal 28.1.2013, senza che nessun controllo fosse stato effettuato nel 2014 in ordine al volume della musica, essendosi accertato nel dibattimento che nel capo di imputazione era stata erroneamente indicata la data del febbraio 2014 in luogo del febbraio 2013;
3) l’esecuzione dei due rilievi fonometrici nell’appartamento in cui risiede la parte civile, sito al primo piano dello stabile in cui è ubicata la palestra, a seguito della quale il nessun accertamento conseguiva in ordine alla diffusività dei rumori all’interno dell’intero edificio condominale, onde non poteva ritenersi che gli stessi potessero essere percepiti da altri condòmini tenuto conto che le immissioni rumorose non avevano mai superato il valore limite, mentre quelle relative al funzionamento degli impianti non potevano ritenersi percepiti da altri all’infuori degli abitanti del primo piano, con conseguente inconfigurabilità del reato;
(omissis)

(omissis)
2. Le contestazioni svolte con il secondo motivo non si confrontano con la sentenza impugnata che ha fondato la colpevolezza dell’imputata su una pluralità di accertamenti da parte del funzionario dell’Arpa, tutti attestanti, per quanto riguarda l’impianto di condizionamento, il superamento delle soglie di rumorosità di oltre il doppio dei decibel consentiti, mentre relativamente all’impianto musicale solo nel 2014 è stato verificato il superamento dei limiti di tollerabilità, non risultando nei precedenti accessi che lo stesso fosse stato messo in funzione.
La ricorrente, nel menzionare due soli accessi, risalenti uno all’1.9.2009 e l’altro al 23.10.2013 con i quali il superamento del limite differenziale risultava essere stato accertato con riferimento al solo impianto di condizionamento dell’aria, introduce una contestazione priva di rilevanza posto che il secondo accesso risulta essere stato effettuato successivamente alla data del 28.1.2013 da lei stessa indicata come quella del suo subentro nella gestione della palestra, mentre, nel negare l’accesso del 2014, assume un travisamento della prova di cui tuttavia non fornisce l’evidenza, non avendo allegato al ricorso i relativi atti processuali. Tale ultimo profilo di censura è perciò inammissibile, tenuto conto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività (nella specie esclusa dal precedente accertamento risalente al 23.10.2013) ed essere accompagnato dall’indicazione o dall’allegazione al ricorso dello specifico atto che contiene la prova travisata o omessa, altrimenti costringendosi il giudice di legittimità ad una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito (omissis).
3. Il terzo motivo è infondato.
Dal momento che l’interesse tutelato dalla fattispecie criminosa di cui all’art. 659 c.p. deve essere ravvisato nella pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario per la configurabilità del reato che le emissioni sonore abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero dei soggetti che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, tenuto conto che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (omissis).
Nella specie, mentre la verifica del superamento della soglia dei decibel consentiti risulta essere stata effettuata dal funzionario dell’ARPA nei plurimi accessi eseguiti nell’immobile, ogni volta riscontrato per l’impianto di areazione ed una volta per l’impianto musicale, l’accertamento della propagazione effettiva dei rumori si fonda, invece, sulla deposizione de relato dell’Amministratore di condominio, rimasta incontestata ai sensi dell’art. 195, primo comma c.p.p., da cui è stata dal Tribunale correttamente tratta la prova, avendo costui fatto riferimento alle plurime lamentele raccolte dai vari condòmini, della diffusività delle emissioni sonore all’interno dell’intero edificio condominiale. La sentenza impugnata risulta perciò, in relazione alle doglianze svolte, immune da censure.
(omissis)
Il ricorso deve, in conclusione, essere rigettato. Segue a tale esito, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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Assegnazione posti auto e delibera nulla

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 30.3.2018, n. 8014

Fatti di causa
1. A.P. ricorreva al Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, al fine di sentire dichiarare nulla la delibera in data 9 marzo 2003 del condominio …, al quale egli apparteneva essendo proprietario di un appartamento nell’edificio F e di un box nell’edificio E.
Con tale delibera veniva stabilito che i posti macchina “disegnati … sul cortile” dal costruttore – il medesimo A.P. – fossero assegnati ai condòmini che non avevano acquistato un box.
Deduceva il ricorrente che, essendosi egli riservato, al momento della costituzione del condominio, la proprietà esclusiva del terreno sul quale erano situati i suddetti posti auto, l’assemblea non poteva disporre del suo diritto.
Costituendosi in giudizio, il condominio resisteva.
2. Il Tribunale adito, con sentenza depositata il 9 dicembre 2008, rigettava la domanda, osservando che sugli spazi per il parcheggio gravava un diritto di uso a favore del condominio, derivante dall’art. 41-sexies, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotto dall’art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e che dall’anzidetta titolarità discendeva il diritto del condominio a disporre delle aree in questione. Né appariva applicabile – proseguiva il Tribunale – l’art. 12 della legge 28 novembre 2005, n. 246, che disponeva soltanto per le costruzioni non ancora realizzate al momento della sua entrata in vigore.
3. Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 28 maggio 2012, la Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame del A.P., confermando l’impugnata pronuncia.
3.1. La Corte d’appello ha rilevato che l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942 comporta che il contratto di compravendita con il quale il costruttore-venditore si riservi la proprietà esclusiva di aree destinate al parcheggio, è affetto da nullità parziale, con automatica sostituzione della clausola nulla ed integrazione del contratto, ex art. 1419, secondo comma, cod. civ..
La Corte di Genova ha quindi affermato che la delibera assembleare si è limitata ad assegnare i posti auto, senza in alcun modo qualificare la natura del diritto in contestazione. Ad ogni modo – ha sottolineato la Corte distrettuale – la giurisprudenza di legittimità individua tale diritto come reale ed assoluto, avente ad oggetto l’utilizzo delle aree destinate a parcheggio.
Infine, la Corte territoriale ha escluso la retroattività del principio stabilito dall’art. 12, comma 9, della legge n. 246 del 2005, che consente di trasferire gli spazi per parcheggio in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari.
4. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il A.P. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 giugno 2013, sulla base di cinque motivi.
L’intimato condominio ha resistito con controricorso.
(omissis)
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 cod. proc. civ. e/o inesistenza della motivazione in violazione dell’art. 111 Cost.) ci si duole che la Corte d’appello non abbia spiegato in che modo il condominio sarebbe titolare di diritti sul terreno di proprietà del ricorrente, tanto più che nessuno – non il condominio né alcuno dei condòmini – avrebbe mai agito in giudizio, neppure in via riconvenzionale, né in questo giudizio né in altro, dolendosi della nullità parziale delle clausole contenute negli atti di compravendita tra il A.P. e i singoli acquirenti.
Il secondo mezzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 42 Cost., 832 e ss. e 1117 e ss. cod. civ. In difetto del previo riconoscimento della sussistenza, in capo al condominio o ai singoli condomini, del diritto di cui al citato art. 41-sexies, l’assemblea condominiale non sarebbe legittimata a deliberare in ordine ad una porzione di terreno di proprietà altrui.
Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 41- sexies della legge n. 1150 del 1942) il ricorrente censura che la Corte d’appello abbia definito irrilevante la qualificazione del diritto in questione come appartenente al condominio ovvero ai singoli condomini.
(omissis)
2. I primi tre motivi – da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione – sono fondati.
Occorre premettere che nel fabbricato condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio per parcheggio – nella misura fissata dalla norma imperativa ed inderogabile di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall’art. 18 della legge n. 765 del 1967 – non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione ope legis del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l’epoca dell’edificazione (Cass., Sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28950).
Questa Corte (Cass., Sez. U., 17 dicembre 1984, n. 6602) ha altresì precisato che la citata normativa, nel disporre che nelle nuove costruzioni debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi, ha istituito inderogabilmente un vincolo pertinenziale permanente di natura pubblicistica tra tali aree e il fabbricato, con riflessi anche di carattere civilistico, consistenti nella possibilità di far dichiarare la nullità parziale, ai sensi degli artt. 1418 e 1419 cod. civ., dei contratti di alienazione delle singole unità immobiliari dell’edificio, in quanto escludenti dal trasferimento il diritto di proprietà o di uso del parcheggio, salva la corresponsione all’alienante del relativo compenso, in quanto non compreso nei prezzi delle vendite.
Si tratta di distinti diritti, spettanti non alla collettività condominiale, ma separatamente a ognuno dei singoli compratori delle varie porzioni dello stabile, in base ai rispettivi titoli di acquisto (Cass., Sez. II, 11 febbraio 2009, n. 3393).
Erroneamente pertanto – in fattispecie nella quale il costruttore A.P. ha venduto gli appartamenti e i box siti nel fabbricato (fatto salvo un appartamento ed un box che sono rimasti di sua proprietà), riservandosi la proprietà esclusiva dell’area residuata dalla costruzione all’esterno dei muri perimetrali del fabbricato – la Corte d’appello ha ritenuto che l’assemblea condominiale, con l’impugnata delibera, avesse titolo a disciplinare il godimento di un’area non condominiale, assegnando direttamente i posti macchina insistenti sulla detta area esterna di proprietà dell’originario costruttore ai condòmini che non avevano acquistato un box nel caseggiato dove si trova il loro alloggio, e ciò tra l’altro senza che, su iniziativa degli acquirenti degli immobili (in ipotesi) illegittimamente privati del diritto all’uso dell’area pertinente a parcheggio e con onere della prova a loro carico, sia stata accertata giudizialmente la nullità dei negozi da loro stipulati, nella parte in cui è stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente loro integrazione ope legis.
Infatti, l’assemblea di condominio non può adottare delibere che, nel predeterminare ed assegnare le aree destinate a parcheggio delle automobili, incidano sui diritti individuali di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, dovendosi tali delibere qualificare nulle (cfr., da ultimo, Cass., Sez. II, 31 agosto 2017, n. 20612).
3. L’accoglimento dei primi tre motivi determina l’assorbimento delle altre censure.
La sentenza impugnata è cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento della domanda giudiziale e con la conseguente declaratoria di nullità della impugnata delibera in data 9 marzo 2003 del condominio …, nella parte in cui dispone che “i posti macchina disegnati … sul cortile … si intendono assegnati ai condomini che non hanno acquistato un box nel caseggiato dove esiste il loro alloggio”.
La novità della questione trattata impone la compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie la domanda e dichiara nulla l’impugnata delibera in data 9 marzo 2003 del condominio ….
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.