Canna fumaria e suo utilizzo in ambito condominiale

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOCCI Mauro – Presidente –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere –
Dott. PICARO Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6597/2019) proposto da:
A.A., (C.F.: (Omissis)), B.B., (C.F.: (Omissis)), C.C., (C.F.: (Omissis)), D.D., (C.F.: (Omissis)), E.E., (C.F.: (Omissis)) e F.F., (C.F.: (Omissis)), tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avv. Pietro Paolo Arcangeli, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’Avv. Riccardo Carnevali, in Roma, p.zza Giovine Italia, n. 7;
– ricorrenti –
contro
G.G., (C.F.: (Omissis)), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dagli Avv.ti Laura Strada, e Daniele Manca Bitti, e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato, in Roma, via Luigi Luciani, n. 1;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia n. 1287/2018 (pubblicata il 20 luglio 2018);
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26 ottobre 2023 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
letta la memoria depositata dalla difesa dei ricorrenti.

Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione del maggio 2012 i sigg. C.C. – H.H. (indicati in epigrafe come ricorrenti) convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brescia, G.G., esperendo azione ai di rivendicazione dei beni asseritamente di loro proprietà, consistenti in una canna fumaria, un comignolo ed un muro attinenti all’immobile sito in (Omissis), chiedendo che venisse appurato l’illegittimo utilizzo da parte del citato convenuto, previo accertamento della loro proprietà esclusiva, con condanna dell’G.G. alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi e al pagamento dei danni, quantificati nell’importo di Euro 20.000,00.
Nella costituzione del predetto convenuto, che instava per l’infondatezza della domanda, l’adito Tribunale, all’esito dell’espletata istruzione probatoria, con sentenza n. 1109/2015 accertava la proprietà comune del muro divisorio tra le parti, nonchè l’uso esclusivo illegittimo da parte del comproprietario G.G. degli altri beni di cui in citazione e, per l’effetto, lo inibiva dall’utilizzare la canna fumaria, posta nello stesso muro divisorio, oltre al relativo comignolo.
2. Decidendo sull’appello formulato dagli attori H.H. – C.C. e nella resistenza dell’appellato G.G. (che, a sua volta, proponeva appello incidentale in ordine alla disposta inibizione dell’uso della canna fumaria e del comignolo, oltre a richiedere, in via subordinata condizionata all’accoglimento delle avverse domande, l’acquisto per usucapione dei medesimi beni), la Corte di appello di Brescia, con sentenza n. 1287/2018, respingeva l’appello principale ed accoglieva parzialmente quello incidentale, eliminando l’ordine di inibizione dell’uso della canna fumaria a carico dell’G.G., confermando nel resto la decisione impugnata e compensando le spese giudiziali.
A sostegno dell’adottata decisione la Corte bresciana confermava che le risultanze istruttorie valutate dal giudice di primo grado consentivano di confermare la sua pronuncia, precisando – quanto al gravame incidentale – che dalla lettura delle conclusioni formulate dalle parti attrici (sia nell’atto di citazione di primo grado che nella memoria depositata ai sensi dell’art. 183 c.p.c.) non si desumeva alcuna domanda di inibizione all’uso della canna fumaria avendo gli stessi richiesto (ai sensi dell’art. 1102 c.c.), in via subordinata (nel caso di accertata comproprietà del muro e di uso esclusivo della cosa comune), soltanto la condanna del convenuto “al pagamento del corrispondente importo che verrà determinato in via equitativa”. Pertanto, l’assenza di apposita domanda impediva un’esplicita statuizione sul punto e, quindi, la sentenza di prime cure andava riformata con l’eliminazione della dichiarazione di illegittimità e inibizione all’uso della canna fumaria.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione – sulla base di cinque motivi – gli appellanti principali, la cui difesa ha anche depositato memoria illustrativa in prossimità dell’adunanza camerale.
Ha resistito con controricorso l’intimato G.G..

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, sostenendo la sussistenza della irriducibile contraddittorietà della sentenza impugnata con cui è stata accertata la compromissione della sicurezza dell’immobile causata dal collegamento del camino dal lato G.G. alla canna fumaria in lato H.H., praticato attraverso la demolizione di un’importante porzione di pilastro portante, ma non potendo attribuire con certezza all’G.G. la paternità della demolizione, ma con esclusione della sua condanna alla messa in sicurezza, dichiarando, comunque, esulante dal giudizio la questione sulla stabilità.
2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – l’omessa valutazione di un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti, nonchè la violazione degli artt. 39 e 273 c.p.c.. A tal proposito i ricorrenti evidenziano che la compromissione della stabilità per lo sfruttamento del camino in lato G.G. era stata confermata dalla c.t.u. principale e da quella suppletiva, ma tale circostanza era stata trascurata dalla Corte di appello, così omettendo di emettere la condanna dell’G.G. alla messa in sicurezza dei luoghi e all’accertamento dell’impossibilità di utilizzo del raccordo fumario (donde la mancata pronuncia avrebbe potuto determinare un contrasto tra giudicati).
3. Con la terza doglianza i ricorrenti hanno prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione degli artt. 99, 101 e 112 c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla richiesta di inibitoria e di ripristino della stabilità nei termini prima richiamati.
4. Con il quarto mezzo i ricorrenti hanno lamentato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 100 c.p.c., per l’illegittima dichiarazione – con la sentenza impugnata – del sopravvenuto difetto di interesse ad agire dell’G.G., nonchè degli artt. 1175, 1176, 2043, 2051 e 2053 c.c., deducendo che l’abbandono dell’immobile ed il trasferimento altrove da parte del citato G.G. avrebbe privato lo stesso dell’interesse al utilizzare un raccordo fumario pericoloso, ragion per cui si sarebbe dovuta ritenere viziata da illogicità la sentenza impugnata laddove aveva accolto l’appello incidentale di eliminazione dell’inibitoria all’uso, in spregio ai principi di buona fede e diligenza media, oltre che qualificata ex art. 1176 c.c., comma 2, essendo l’G.G. titolare e socio lavoratore dell’impresa edile G.G. e I.I. Srl .
5. Con il quinto ed ultimo motivo i ricorrenti hanno denunciato – con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione dell’art. 115 c.p.c., e degli artt. 948 e 934 c.c., ponendo il risalto che il convenuto, non potendo provare – contrariamente alle risultanze della c.t.u. – la sicurezza del raccordo del proprio camino alla canna fumaria in lato attoreo, aveva sostenuto l’estraneità della questione al sindacato del presente giudizio inducendo in errore anche la Corte di appello, tanto che la sentenza impugnata sarebbe destinata a non produrre effetti, poichè, una volta eseguiti i lavori di messa in sicurezza attraverso il ripristino del pilastro portante, lo stato dei luoghi avrebbe reso impossibile all’G.G. l’utilizzo del raccordo fumario.
7. Rileva il collegio che i primi tre motivi sono esaminabili congiuntamente in quanto connessi.
Essi sono fondati per le ragioni che seguono.
In primo luogo – per come denunciato dai ricorrenti – la sentenza, nello svolgimento della sua motivazione, è incorsa in un vizio di manifesta illogicità associato a quello di un’intrinseca contraddittorietà, dal momento che – pur valorizzando gli accertamenti operati con la c.t.u. con riferimento alla descrizione dei luoghi e agli inconvenienti incidenti sulla stabilità delle strutture derivanti dalla parziale demolizione del pilastro (finalizzato all’utilizzazione in sicurezza della canna fumaria utilizzata dall’G.G.), tali da rendere necessaria l’esecuzione di lavori di ripristino – la Corte di appello ha ritenuto che l’appellato non dovesse rispondere per le conseguenze discendenti dalla realizzazione di tale intervento demolitivo.
Così ragionando ha, però, illogicamente escluso la responsabilità dell’G.G. nonostante il punto ove si era provveduto alla demolizione del pilastro riguardasse il versante della sua costruzione e lo stesso fosse il proprietario del camino ricavato da detto pilastro portante, che, mediante un effettuato raccordo alla canna fumaria (utilizzabile, invece, in sicurezza solo dal lato di proprietà degli odierni ricorrenti), si era venuto ad avvantaggiare della nuova situazione creatasi. Pertanto, l’inerenza di questa sopravvenuta situazione alla proprietà dell’G.G., indipendentemente dalla mancata possibilità di individuare l’autore materiale della demolizione (l’unico elemento erroneamente valutato dalla Corte di appello per escludere la responsabilità dell’G.G.), e le conseguenti utilità ritratte dal medesimo per un miglior godimento della stessa, non avrebbero potuto escludere la riconducibilità della situazione dannosa venutasi a verificare in capo al medesimo G.G., come tale tenuto a provvedere alla messa in sicurezza dei luoghi. Quest’ultima richiesta era – diversamente da quanto sostenuto dal controricorrente – certamente ricompresa nell’oggetto del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio, con cui, tra l’altro, era stata, per l’appunto, invocata anche la rimessione in pristino con la messa in sicurezza del pilastro portante interessato dalla parziale demolizione (oltre alla condanna al risarcimento dei danni), per come dato atto nella stessa sentenza impugnata (v. pag. 5) e per quanto emergente dalle conclusioni pure in essa riportate (v. pag. 2, alla fine).
A tal proposito la giurisprudenza di questa Corte ha precisato (e a tale principio dovrà uniformarsi il giudice di rinvio) che l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non ne alteri il decoro architettonico e non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, evenienza che si è verificata nel caso di specie per come accertato con le c.t.u. a seguito dell’intervento di parziale demolizione del pilastro avvenuta dal lato della proprietà G.G., perciò obbligato a procedere al ripristino della condizione di sicurezza.
L’accoglimento delle prime tre censure comporta l’assorbimento delle restanti due.
10. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni esposte, vanno accolti i primi tre motivi del ricorso, con assorbimento dei rimanenti. Da ciò consegue la cassazione della sentenza impugnata e il derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Bresca, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso e dichiara assorbiti i restanti.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione.
Conclusione
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 26 ottobre 2023.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2023