Condominio minimo e lavori urgenti

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 28.5.2018, n. 13293

Fatti di causa e ragioni della decisione
R.D. propone ricorso per cassazione articolato in unico motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p.c.) avverso la sentenza della Corte d’Appello di Brescia n. 1041/2016 del 2 novembre 2016, che, riformando la decisione di primo grado resa dal Tribunale di Bergamo in data 25 maggio 2012, ha rigettato la domanda proposta dallo stesso R.D. nei confronti della B.A. & c. s.a.s., volta al rimborso della somma di euro 8.549,07, anticipata per il rifacimento del tetto e della facciata del complesso immobiliare sito in …, composto da unità immobiliari di proprietà del R.D. e della società convenuta.
La B.A. & c. s.a.s., resiste con controricorso.
La Corte d’Appello di Brescia ha escluso che potesse essere invocata dal R.D. l’applicazione dell’art. 1134 c.c., in quanto l’urgenza dell’intervento di manutenzione delle parti comuni dell’edificio condominiale era stata determinata da un incendio sviluppatosi nella notte tra il 28 ed il 29 febbraio 2008 conseguente al surriscaldamento della canna fumaria posta all’interno di appartamento di proprietà dello stesso R.D.. Tale surriscaldamento della canna fumaria, per quanto accertato già dal Tribunale di Bergamo, era stato provocato da un non adeguato utilizzo di una stufa a legna. Essendo la responsabilità dell’incendio attribuibile al R.D., a carico dello stesso devono porsi, per la Corte di Brescia, tutte le conseguenze patrimoniali della sua condotta, visto che l’intervento di rifacimento del tetto e della facciata risultava a sua volta da attribuire causalmente (anche per le risultanze del verbale dei Vigili del Fuoco intervenuti sul luogo) all’incendio stesso, che aveva intaccato le travi di legno della copertura, rendendola pericolante.
L’unico motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 40 e 41 c.p., circa l’applicazione del principio del neminem laedere e la ricostruzione del rapporto di causalità fatte dalla Corte d’Appello.
La controricorrente B.A. & c. s.a.s. eccepisce l’inammissibilità del ricorso per la novità delle censure proposte, ovvero ex art. 360 bis, n. 1, c.p.c., e comunque ne prospetta l’infondatezza.
(omissis)
L’unico motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 40 e 41 del codice penale), ma non censura un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta, quanto soltanto allega un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, causata, a dire del ricorrente, dalla cattiva valutazione delle risultanze probatorie di causa, la quale inerisce alla tipica attività del giudice di merito ed è censurabile unicamente per omesso esame di fatto decisivo e controverso ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.
Il ricorrente critica, invero, l’accertamento del nesso di causalità materiale tra il verificarsi dell’incendio nella sua proprietà esclusiva e l’evento dannoso che ha pregiudicato il tetto e la facciata dell’edificio. Tale profilo, tuttavia, ha formato oggetto di un esauriente apprezzamento di fatto della Corte d’Appello. La sentenza impugnata spiega compiutamente come l’urgenza dell’intervento di manutenzione costituisse sequenza possibile, ed anzi verosimile, dell’incendio del 28 febbraio 2008, secondo una relazione di causalità adeguata, sicché alcuna inosservanza degli artt. 40 e 41 è ravvisabile.
Ma l’infondatezza del primo motivo discende radicalmente da altra considerazione. Il presente giudizio non ha ad oggetto l’individuazione dei danni che R.D. debba risarcire alla B.A. & c. s.a.s., quanto la sussistenza di un diritto del condomino R.D. ad essere rimborsato di spese fatte per le cose comuni di sua iniziativa.
Ora, anche nel caso di condominio minimo, cioè di condominio composto da due soli partecipanti (quale risulta quello per cui è causa), la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell’urgenza, ai sensi dell’art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012). Ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va dunque considerata “urgente” non solo la spesa che sia giustificata dall’esigenza di manutenzione, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere. Ciò vale anche per i condomini composti da due soli partecipanti, la cui assemblea si costituisce validamente con la presenza di tutti e due i condomini e all’unanimità decida validamente. Se non si raggiunge l’unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto, diventa necessario ricorrere all’autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 1139 e 1105 c.c. (omissis). Peraltro, l’obbligo del singolo condomino di contribuire in misura proporzionale al valore della sua unità immobiliare alle spese necessarie per la manutenzione e riparazione delle parti comuni dell’edificio trova la sua fonte nella comproprietà delle parti comuni dell’edificio. Ove l’esigenza di manutenzione e riparazione delle parti comuni dell’edificio derivi, invece, dalla specifica condotta illecita attribuibile ad un condomino (come nella specie accertato in fatto dalla Corte di Brescia), tale condotta fa sorgere soltanto a carico di quest’ultimo l’obbligo di risarcire il danno complessivamente prodotto ex art. 2043 c.c., e non anche l’obbligo degli altri partecipanti di contribuire alle spese ai sensi degli artt. 1123 e ss. c.c. (omissis). Ne consegue che non può comunque spettare al condomino alcun diritto al rimborso della spesa affrontata per conservare la cosa comune, ai sensi dell’art. 1134 c.c., ove l’esigenza di manutenzione e riparazione della stessa abbia trovato la sua causa in una specifica condotta illecita a lui attribuibile, e le opere fatte eseguire dal singolo abbiano perciò dato luogo ad una forma di risarcimento del danno in forma specifica.
Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.