Privacy e condotte illecite

Cass. Civ., sez. VI, ord., 15 settembre 2022, n. 27223 Presidente e Relatore Bisogni

ll sig. P.S. ha proposto ricorso ex art. 12 del D.Lgs. n. 196 del 2003 chiedendo che il Tribunale
di Sassari dichiarasse illecita e priva di utilita pubblica generale la telecamera di
videosorveglianza installata dalla vicina di casa M.A.M. che per il suo posizionamento
diretto verso la porta d’ingresso e una finestra della casa del ricorrente era in condizione di
riprendere la sua vita privata. Ha chiesto altresi la rimozione dell’impianto e la distruzione
delle registrazioni oltre al risarcimento dei danni subiti.
Costituendosi in giudizio la sig.ra M.A.M. ha negato qualsiasi invasione della vita privata del
vicino per non essere la telecamera in grado di riprendere lo spazio visivo indicato nel
ricorso e@ per essere stata installata la telecamera al solo fine di impedire i ripetuti
danneggiamenti alla propria autovettura parcheggiata di fronte all’abitazione. Il
collegamento con la polizia era predisposto in modo che la registrazione delle riprese
venisse cancellata automaticamente, dopo 24 ore, se |’autorita di pubblica sicurezza non ne
avesse ritenuto I’utilita ai fini delle indagini. L’installazione aveva consentito inoltre di
individuare e denunciare il responsabile dei danneggiamenti e delle minacce subiti in
precedenza.

ll Tribunale di Sassari con sentenza n. 182/2019 ha respinto le domande proposte con il
ricorso ritenendo non provato il presupposto della interferenza della telecamera nella sfera
privata del ricorrente e rilevando che la resistente aveva invece provato le circostanze che
l’avevano portata all’installazione e alla segnalazione dell’impianto di sorveglianza e aveva
prodotto documentazione fotografica dalla quale risultava l’estraneita all’inquadratura della
telecamera della porta d’ingresso e della finestra dell’abitazione del ricorrente.
Ricorre per cassazione il sig. P.S. affidandosi a quattro motivi di ricorso, illustrati anche con
memoria difensiva, cosi rubricati: “l) art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in relazione alla violazione
degli artt. 7 lett. f), 11 § 2.e 13 § 1 lett. d) ed e) della direttiva 95/46/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995; dell’art. 8 della Carta dei Diritti Fondamentali
dell’Unione Europea, dell’art. 2 della Costituzione, in quanto incorpora la privacy, come ha
sostenuto la Corte Costituzionale con la sentenza n. 38 del 1973; dell’art. 59 della L. n.
633/1941; degli artt. 1011 Cost.; dell’art. 615 bis c.p.; Il) art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in
relazione alla violazione dell’art. 13 del codice privacy; degli artt. 8,10,19 della L. n.
675/1996; Ill) art. 360 c. 1. 4c.p.c. per invalidita della sentenza impugnata ai sensi dell’art.
132 c.p.c. e 156 c.p.c. c. 2, per manifesta illogicita della motivazione; IV) art. 360 c. 1 n. 5
c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo che é stato oggetto di discussione tra le parti.
Si difende con controricorso M.A.M..
La causa é stata discussa nella camera di consiglio del 5 maggio 2022 fissata ex art. 380
bis c.p.c.

Considerato che
Con il primo motivo il ricorrente afferma che il giudice del merito avrebbe dovuto disporre
la rimozione dell’installazione perché in evidente contrasto con la normativa Europea in
materia di tutela dei dati personali recepita dal legislatore italiano nel cd. codice della
privacy. Sia perché l’autore dellillecito era stato gia raggiunto con cid venendo meno
qualsiasi utilita e necessita della videosorveglianza, sia perché “non é plausibile che si tenga
fermo per anni un veicolo” davanti la propria abitazione e di costituirne l’oqgetto pretestuoso
di un impianto di videosorveglianza intrusivo nella sfera privata di vicini e passanti. Il
ricorrente ribadisce infatti che le immagini riprese riproducono sia la pubblica via che la
porta d’ingresso alla sua abitazione ritraendo e identificando chi vi accede dalla pubblica
via. Il trattamento di questi dati personali rientra nel campo di applicazione della direttiva
Eurounitaria che regola la complessa materia e che considera non legittimo, in questi casi,
anche alla luce della giurisprudenza CGUE, il trattamento senza il consenso dell’interessato.
Anche sotto il profilo degli interessi in gioco e del loro bilanciamento il giudice del merito ha
errato non rendendosi conto della sproporzione fra il diritto alla riservatezza del ricorrente
e la finalita di impedire piccoli graffi a una autovettura vecchia, non utilizzata da anni e
lasciata nella stessa posizione davanti alla propria abitazione.
Con il secondo motivo il ricorrente ricollegandosi alla normativa citata rimarca che chiunque
installi un sistema di videosorveglianza deve provvedere a seqnalarne la presenza in modo
che chiunque si avvicini ad esso entrando nel campo della ripresa possa rendersene conto.
Secondo il ricorrente l’impianto in questione non é adequatamente segnalato (essendo
segnalato solo da un lato del fabbricato della controparte ed essendo sprovvisto
dell’indicazione del responsabile del trattamento dei dati personali) e non risponde ad
alcuno scopo legittimo e necessario dopo la individuazione del responsabile dei
danneggiamenti.
Con il terzo motivo il ricorrente contesta la valutazione del giudice del merito in ordine alla
idoneita della segnalazione della telecamera e alla temporaneita della conservazione dei
dati raccolti con la videosorveglianza ritenendo che si tratta di valutazione basata su una
errata percezione delle prove raccolte e sull’autoconvincimento del giudicante.
Infine con il quarto motivo di ricorso si afferma che la mancata ammissione di CTU ha
impedito di accertare la mobilita della telecamera e il raggio di azione della ripresa e di
smentire la validita probatoria della documentazione fotografica avversaria che é stata
alterata riducendo il campo visivo della telecamera alla sola autovettura della M.
Ritenuto che.
E infondata l’eccezione di inammissibilita di parte controricorrente in quanto il ricorso é@
stato ritualmente proposto avverso la decisione resa in unico grado dal Tribunale in materia
di tutela della protezione dei dati personali (art. 10 u.c. del D.Lgs. n. 150 del 1 settembre
2011).
ll ricorso @ tuttavia inammissibile in quanto proposto sostanzialmente per contestare la
valutazione di merito espressa dal Tribunale di Sassari senza peraltro rispettare – ai fini della
corretta proposizione di un sindacato sulla motivazione che sia conforme al dettato dell’art.
360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. civ. S.U. n. 8053 del 7.4.2014) e ai requisiti di autosufficienza del
ricorso – la corretta indicazione dei fatti su cui 6 stato omesso l’esame, ne l’onere della
localizzazione e sottoposizione al contraddittorio delle relative deduzioni istruttorie e
difensive prospettate nel corso del giudizio di merito.
In particolare il primo motivo parte dall’assunto che la installazione della videocamera ha
posto in essere la intercettazione non autorizzata di dati personali del ricorrente circostanza
questa che il giudice del merito ha direttamente escluso ponendo tale esclusione alla base
della sua decisione e motivandola in relazione alle prove offerte dalla resistente quanto alla
finalita della installazione del sistema di videosorveglianza, al campo di ripresa e di
registrazione della telecamera e alla durata della conservazione delle immagini sottoposta
al controllo di necessita da parte dell’autorita di pubblica sicurezza.
Di fronte a una tale motivazione le censure in diritto relative alla necessarieta del consenso
del titolare dei dati personali non appaiono con evidenza riferibili alla ratio decidendi del
Tribunale di Sassari. Per altro verso non appaiono pertinenti e coerenti le considerazioni del
ricorrente sulla futilita dell’interesse protetto dalla videosorveglianza dato che é lo stesso
ricorrente a riconoscere e documentare che l’installazione ha consentito di identificare il
responsabile di una condotta criminosa ai danni della M. cul evidentemente la stessa non
aveva intenzione di sottostare in futuro.
Per quanto rigquarda poi la contestazione della valutazione di merito, che investe, sotto il
profilo della idoneita della segnalazione al pubblico della videosorveglianza, anche i
successivi due motivi di ricorso, la stessa si presenta del tutto apodittica e prospettata
inammissibilmente come errata percezione delle risultanze istruttorie da parte del tribunale
sassarese. Sia per quanto riguarda la dedotta alterazione del materiale fotografico allegato
dalla M., sia per quanto riguarda la errata rappresentazione della localizzazione e
percettibilita della segnalazione dell’impianto e della modalita di conservazione della
registrazione delle immagini, il ricorrente prospetta delle censure che avrebbero dovuto
costituire semmai l’oggetto di una impugnazione per revocazione. Né, come si é detto, tali
censure sono scrutinabili ai fini del controllo di legittimita della motivazione cosi come
delimitato dall’art. 360 c.p.c., n. 5 dato che il ricorrente non ha articolato le proprie censure
con un chiaro riferimento alle deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito consentendo
cosi di poter valutare se vi siano state omissioni di esame di fatti decisivi che siano stati
oggetto del contraddittorio processuale ovvero se la motivazione in relazione alle
argomentazioni difensive svolte nel giudizio di merito non abbia superato quella soglia che
la giurisprudenza di legittimita ha identificato con il cd. minimo costituzionale. In ogni caso
va rilevato che la motivazione della decisione impugnata risponde pienamente a tale
standard in quanto si basa sulla considerazione di un accertamento probatorio oggettivo
circa la finalita, la funzionalita, la percettibilita e la utilizzazione dell’impianto da cui il
Tribunale ha tratto la valutazione di liceita e non interferenza nella sfera privata del
ricorrente dell’impianto di videosorveglianza, con riferimento alla sua installazione e al
periodo in cui il suo funzionamento ha consentito lindividuazione del responsabile delle
azioni intimidatorie e lesive ai danni della M.
Quanto infine al quarto motivo con il quale viene censurata la mancata ammissione di una
consulenza tecnica, che il ricorrente non dimostra di avere chiesto prospettando una
effettiva esigenza istruttoria non soddisfacibile con i normali mezzi di prova, il Tribunale ha
espresso sul punto una valutazione discrezionale basata sulla decisivita delle prove
acquisite e sul carattere meramente esplorativo della richiesta, valutazione che, in quanto
sorretta da una motivazione adequata ed esaustiva, non pud costituire oggetto del
sindacato di legittimita.
ll ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio. Alla dichiarazione di inammissibilita conseque il raddoppio del
contributo unificato se esso é dovuto.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui 200 per spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i
presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, ove dovuto, in misura pari a quello per il ricorso a norma dello stesso
art. 13, comma 1 bis.
Si dispone l’oscuramento delle generalita e dei dati identificativi delle parti