Canna fumaria su terrazzo di proprietà esclusiva

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 7.11.2016, n. 22572

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 14.2.2002 i signori …, comproprietari di un appartamento ubicato al piano attico di uno stabile in …, ed acquistato per successione ereditaria al sig. E.G., convennero davanti al tribunale di Imperia il Condominio …, in persona del suo amministratore, per sentirlo condannare – previa, occorrendo, declaratoria di nullità della delibera assembleare 8/8/97 – alla eliminazione della parte di canna fumaria passante per il terrazzo di loro proprietà, con conseguente ripristino dello stato dei luoghi. Al riguardo gli attori esponevano che il Condominio aveva installato una canna fumaria esterna passante attraverso il loro terrazzo, la cui realizzazione era stata deliberata con delibera assembleare 2/7/96 (che aveva approvato il progetto di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari) ed il consuntivo dei cui lavori era stato approvato con deliberazione 8/8/97; l’installazione di tale canna fumaria costituiva, secondo gli attori, una servitù a favore Condominio e a carico del loro appartamento.
Il Condominio, ritualmente costituitosi in persona dell’amministratore …, eccepiva preliminarmente la propria carenza di legittimazione passiva – affermando che gli unici legittimati a contraddire all’attore sarebbero stati i condòmini proprietari degli appartamenti serviti dalla menzionata canna fumaria per cui è causa – e comunque contestava nel merito le pretese degli attori.
Il tribunale di Imperia, disattesa la domanda di annullamento delle delibere 8/8/97, condannava il Condominio “nella persone di (cinque condòmini, ndr)” alla eliminazione del tratto di canna fumaria passante per il terrazzo degli attori.
La corte di appello di Genova, adita dal Condominio in persona dell’amministratore, riformava totalmente la sentenza di primo grado e rigettava la domanda degli attori.
La corte distrettuale disattendeva l’eccezione con cui il Condominio reiterava in grado di appello l’assunto della propria carenza di legittimazione passiva, argomentando che la legittimazione passiva del condominio, in persona dell’amministratore, si estende a tutte le azioni che hanno per oggetto l’accertamento dell’esistenza di una servitù a carico o a favore di beni condominiali, anche quando si tratti di beni in condominio parziale. Nel merito, tuttavia, la corte genovese rigettava la domanda degli eredi … sulla duplice ragione che:
a) Il signor E.G. aveva espresso il proprio voto favorevole al progetto di trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti individuali nell’assemblea del 2/7/96, il cui verbale egli aveva altresì sottoscritto in qualità di presidente dell’assemblea stessa; d’altra parte, si argomenta nella sentenza gravata, il suddetto progetto, non più reperibile, presumibilmente prevedeva anche la realizzazione della canna fumaria in contestazione, nella sua attuale collocazione, come desumibile dal rilievo che tale canna era stata realizzata “perforando le solette di balconi degli appartamenti posti sulla stessa colonna, senza opposizione degli attori”;
b) la canna fumaria costituiva comunque bene condominiale, comune anche agli attori (ancorché i medesimi non si fossero avvalsi della facoltà di allacciarvi il loro impianto termico) cosicché la relativa installazione non poteva ritenersi costitutiva di una servitù a carico dell’appartamento degli attori, in base al principio nemini res sua servit.
Avverso la sentenza d’appello (i comproprietari dell’appartamento, ndr) propongono ricorso per cassazione sulla scorta di quattro motivi.
Il Condominio si è costituito con controricorso.
(omissis)

MOTIVI DELLA DECISIONE
(omissis)
Con il quarto motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’articolo 1027 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa considerando il verbale assembleare del 2/7/96 atto scritto idoneo a costituire una servitù a carico della proprietà E.G., posto che tale verbale si limitava ad approvare la trasformazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, con una spesa massima di euro 18.000 per la realizzazione delle canne fumarie, senza alcuna specifica previsione in ordine alla costituzione di servitù a carico della proprietà E.G.. Argomentano al riguardo i ricorrenti che, ove anche la canna fumaria di cui si discute potesse astrattamente ritenersi impianto di proprietà comune dei condòmini ex art. 1117 n. 3 c.c., in ogni caso la perforazione della soletta del terrazzo dei ricorrenti per il passaggio di detta canna non potrebbe non costituire violazione delle norme di sulla servitù di cui all’articolo 1027 e segg. c.c..
Il motivo non può trovare accoglimento, ancorché la motivazione della sentenza gravata debba essere corretta ai sensi dell’articolo 384, ultimo comma, c.p.c.
È vero, infatti, che la ratio decidendi della sentenza gravata sintetizzata nel punto b), è giuridicamente errata, giacché, come questa Corte ha più volte affermato (sent. nn. 13106/00, 22408/04), il principio nemini res sua servit trova applicazione soltanto quando un unico soggetto sia titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, giacché in tal caso l’intersoggettività del rapporto è data dal concorso di altri titolari del bene comune.
Il motivo, tuttavia, va disatteso perché non attinge efficacemente la ratio decidendi della sentenza gravata sopra sintetizzata nel punto a). La doglianza, infatti, non censura specificamente il giudizio di fatto della corte distrettuale (basato sul ragionamento presuntivo fondato sul rilievo che la materiale installazione della canna fumaria era avvenuta mediante opere, la cui esecuzione non era stata impedita, di perforazione del terrazzo degli odierni ricorrenti) che l’attuale ubicazione della canna fumaria in questione era prevista nel progetto approvato dall’assemblea del 2/7/96, col voto favorevole del E.G. e con la sua firma sul verbale assembleare (sulla idoneità verbale dell’assemblea di condominio a soddisfare il requisito della forma scritta di cui all’articolo 1350 c.c., ove sottoscritto da parte nella cui sfera giuridica sia destinato a prodursi l’effetto costitutivo o traslativo del diritto reale, vedi Cass. 2132/95).
In definitiva il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 2.100, oltre euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.