Lastrico solare e decoro architettonico

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 18.4.2019, n. 10848

Fatti di causa
La Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato gli attuali resistenti al pagamento di euro 1.185, oltre accessori, a titolo di indennità per la sopraelevazione realizzata sul lastrico esclusivo facente parte dell’edificio condominiale sito in ….
Per quanto qui rileva, la sentenza impugnata ha escluso che la sopraelevazione ledesse l’aspetto architettonico del fabbricato, osservando che “la circostanza che dalla modifica di una cosa propria possa anche poi derivare un’incidenza dell’aspetto architettonico è in tutta evidenza un riflesso assolutamente fisiologico dell’utilizzo dei beni propri all’interno di un condominio, vigendo esclusivamente i limiti di non pregiudicare i diritti altrui, quali il prestigio dell’immobile, le prese di aria e luce, etc.; del resto, l’accoglimento della tesi di parte appellante si risolverebbe di fatto nel considerare implicitamente estinto il diritto di sopraelevazione ai sensi dell’art. 1127 c.c.”.
Ha ritenuto errata la quantificazione dell’indennità di sopraelevazione effettuata in base al valore delle abitazioni limitrofe ed ha proceduto alla liquidazione del relativo importo in via equitativa, rigettando la richiesta di rinnovazione della consulenza.
Ha giudicato inammissibile il motivo di gravame con cui era stata censurata la condanna dei ricorrenti alla chiusura dei cancelli in ferro che proteggevano le aperture esterne delle singole proprietà immobiliari, rilevando che questi ultimi appellanti non avevano censurato la pronuncia di primo grado nel punto in cui aveva inquadrato le opere nel concetto di innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c..
La cassazione di questa sentenza è chiesta da A.C. e P.A. con cinque motivi di ricorso.
A.P. e Y.C. hanno proposto controricorso.

Ragioni della decisione
1. Il primo motivo censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., e la violazione dell’art. 1127 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 c.p.c., lamentando che la Corte di merito abbia escluso l’illegittimità della sopraelevazione, trascurando che il regolamento condominiale di natura contrattuale impediva la realizzazione di qualsiasi opera idonea ad alterare il decoro del fabbricato e che occorreva comunque tener conto del disposto dall’ultimo comma dell’art. 1127 c.c..
Il motivo è fondato.
La Corte ha escluso l’illegittimità della sopraelevazione, rilevando che la nuova costruzione era stata eretta sul lastrico di proprietà esclusiva dei resistenti, sostenendo inoltre che, in tale ipotesi, l’unico limite al diritto di sopraelevazione consiste nel rispetto dei diritti degli altri condòmini (con riferimento alla tutela del prestigio dell’immobile, alle prese di aria e di luce, etc.), mentre l’incidenza sull’aspetto architettonico sarebbe un riflesso assolutamente fisiologico dell’utilizzo dei beni esclusivi nell’ambito di un condominio ed infine osservando che la contraria tesi degli appellanti si sarebbe “risolta nel considerare estinto il diritto sancito dall’art. 1127 c.c.”.
La pronuncia si pone – tuttavia – in evidente contrasto con l’orientamento costante di questa Corte e con il chiaro disposto dell’art. 1127, comma secondo e terzo c.c., secondo cui la sopraelevazione non è ammessa, non solo se le condizioni statiche dell’edificio non la permettono, ma anche se risulti lesiva dell’aspetto architettonico dell’edificio.
Il Giudice distrettuale non poteva considerare legittima la costruzione senza – di fatto – valutarne l’impatto sull’aspetto architettonico dell’edificio in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile, ma era tenuto a verificare se la nuova opera si armonizzasse con dette caratteristiche o se ne discostasse in maniera apprezzabile (Cass. 17350/2016; Cass. 10048/2013; Cass. 2865/2008), tenendo conto anche di eventuali previsioni del regolamento condominiale di natura contrattuale, eventualmente più restrittive (Cass. 7398/1986).
Non aveva alcun rilievo che la costruzione fosse stata eretta sul lastrico esclusivo, poiché anche in tal caso operano i limiti imposti dall’art. 1127, ultimo comma, c.c..
2. Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 115, 116, 342 c.p.c. e 127 c.c., in relazione all’art. 360, comma primo, nn. 3 c.p.c., contestando alla sentenza di aver ritenuto inammissibile il motivo di appello con cui era stato chiesto di suddividere l’indennità di sopraelevazione tra i soli proprietari delle unità immobili sottostanti alla nuova costruzione, benché la censura fosse adeguatamente argomentata, avendo i ricorrenti dedotto che l’edificio era composto da “una stecca di due piani” munita di cinque scale con cinque terrazzi, alla cui manutenzione ordinaria e straordinaria provvedevano i soli proprietari delle unità immobiliari coperte da ciascun terrazzo.
Il terzo motivo censura la violazione degli artt. 1127, 1226, 2056 c.c., 114 e 115 c.p.c., in relazione agli artt. 360, comma primo, n 3 e 4 c.p.c., lamentando che la Corte di merito non poteva liquidare l’indennità di sopraelevazione in via equitativa, prescindendo dal valore dell’area occupata e di quello del suolo sul quale insisteva l’edificio, posto inoltre che il pregiudizio derivante dalla nuova costruzione era quantificabile anche mediante la rinnovazione della consulenza tecnica.
Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 1127 e 1224 c.c. con riferimento all’art. 360, comma primo, n. 4 c.p.c., assumendo che, essendo l’indennità di sopraelevazione oggetto di un debito di valore, gli interessi non andavano calcolati dalla domanda ma dalla data di completamento dell’opera.
I tre motivi sono assorbiti per effetto dell’accoglimento del ricorso, essendo rimesso al giudice di rinvio il compito di riesaminare le questioni sollevate, previo accertamento della legittimità della sopraelevazione.
3. Il quinto motivo denuncia la violazione degli artt. 1120 c.c., 115, comma secondo, e 342 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma a primo, n. 4 c.p.c., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., contestando che la Corte di merito abbia ritenuto inammissibile il motivo di impugnazione relativo alla legittimità dell’apposizione, da parte dei ricorrenti, di due cancelli collocati a chiusura degli accessi esclusivi, sostenendo che i ricorrenti non avevano contestato che le opere costituissero innovazioni, trascurando che era stato specificamente dedotto che, non essendo stato leso il decoro architettonico dell’edificio, non occorreva alcuna delibera assembleare, non potendo applicarsi l’art. 1120 c.c..
Il motivo è fondato.
Si evince dall’esame dei motivi di appello i trascritti in ricorso, che i ricorrenti avevano specificamente sostenuto che nessuna autorizzazione assembleare fosse necessaria per installare i cancelli posti a chiusura degli spazi esclusivi, poiché non sussisteva alcun pregiudizio all’estetica del fabbricato, occorrendo detta autorizzazione solo in presenza di vere e proprie innovazioni.
Dette argomentazioni – a prescindere dalla loro fondatezza – erano volte a contestare specificamente l’inquadramento delle opere nell’ambito della previsione dell’art. 1120 c.c. e la stessa necessità che la realizzazione dei cancelli fosse autorizzata dall’assemblea condominiale.
Il motivo di appello doveva quindi essere vagliato nel merito e non poteva esser dichiarato inammissibile.
(omissis)

P.Q.M.
accoglie il primo ed il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbite le altre censure, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.