Convocazione in assemblea del condominio in lite

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE CIVILE
Composta da:
FELICE MANNA Presidente
MILENA FALASCHI Consigliere
ANTONIO SCARPA Consigliere-Rel.
CHIARA BESSO MARCHEIS Consigliere
STEFANO OLIVA Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9088/2022 R.G. proposto da:
rappresentato e difeso dall’avvocato C
-ricorrente
contro
, rappresentato e difeso
dall’avvocato
-controricorrente e ricorrente incidentale
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 993/2021
depositata il 01/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2023 dal
Consigliere ANTONIO SCARPA.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la
sentenza n. 993/2021, emessa dalla Corte d’appello di Genova, pubblicata
in data 1° ottobre 2021
Resiste con controricorso il di
Genova, che propone anche un motivo di ricorso incidentale.
ha notificato controricorso per resistere al ricorso
incidentale.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata in camera di consiglio, a norma
degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1, c.p.c., nel testo applicabile ratione
temporis ex art. 35 del d.lgs. n. 149 del 2022.
Le parti hanno depositato memorie.
La Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame avanzato dal
condomino contro la sentenza del Tribunale di Genova,
che aveva rigettato l’impugnazione ex art. 1137 c.c. spiegata dal
con riguardo alla deliberazione approvata dall’assemblea del Condominio
via Colle degli Ulivi 12 in data 19 dicembre 2017. Tale deliberazione
riguardava la proposizione di un’azione giudiziaria da parte di
nei confronti del Condominio e l’attore lamentava che l’avviso
di convocazione dell’assemblea non gli era stato comunicato nel
termine di cui all’art. 66 disp. att. c.c. Il Tribunale aveva argomentato nel
senso che il non aveva interesse ad impugnare la delibera in
oggetto, sia perché egli era in conflitto di interessi rispetto all’unico
argomento all’ordine del giorno, sia perché in data 28 febbraio 2018 il
Condominio aveva adottato una successiva delibera di identico contenuto
a quella sub iudice, non impugnata dal
La Corte d’appello ha poi rigettato il gravame, osservando che la
deliberazione del 19 dicembre 2017 era stata approvata dall’assemblea
unicamente per assumere la determinazione di resistere in giudizio a
fronte della notifica di un atto di citazione dinanzi al giudice di pace da
parte del condomino che lamentava infiltrazioni nella sua
proprietà esclusiva. Pertanto, secondo la Corte di Genova,
“relativamente a tale assemblea ed alla relativa discussione
l’appellante si trovava in situazione di conflitto di interessi, di talché si
doveva escludere non solo il suo diritto di voto, ma altresì il ricorrere
di un interesse a partecipare alla discussione sull’unico argomento
all’ordine del giorno, (… ) rispetto al quale egli era la controparte del
Condominio, come tale portatore di un interesse in conflitto con quello
del Condominio stesso”. Inoltre, l’interesse alla impugnazione era altresì
da escludere, secondo i giudici di appello, perché in data 28 febbraio
2018 il Condominio aveva approvato altra delibera di identico contenuto
che non era stata impugnata.
Quanto al secondo motivo di appello, relativo alla ritenuta erronea
compensazione delle spese di lite ad opera del Tribunale, che l’aveva
giustificata sulla base “dei motivi della decisione, anche correlati a
successiva adozione di ulteriore delibera assembleare”, la Corte di
Genova giudicava lo stesso parimenti infondato, in quanto, risultando
soccombente il anche all’esito del giudizio di appello, “le spese
del primo grado non possono essere addossate al Condominio
appellato, totalmente vittorioso”.
Il ricorso di contesta, a fronte del suo diritto a far
accertare l’invalidità della deliberazione 19 dicembre 2017, il rilievo
attribuito alla successiva delibera di identico contenuto del 28 febbraio
2018; lamenta la “insanata ed insanabile irregolarità della convocazione
e della costituzione dell’assemblea condominiale del 18-19 dicembre
2017”; assume che “rispetto all’argomento in O.d.G. di quest’ultima
riunione, il condomino avrebbe avuto (seppure
escluso dalla relativa votazione sull’unico e conflittuale argomento in
O.d.G.) il diritto ed il sicuro interesse, oltre che ad essere ritualmente
e tempestivamente preavvisato e convocato, a partecipare alla
riunione impugnata, altresì ad accedere e partecipare alla discussione
preliminare”; lamenta la violazione degli artt. 112 e 132, n. 4, c.p.c.,
nonché 111 Cost.; quanto al motivo di appello sulla compensazione
delle spese di primo grado, lamenta la motivazione meramente
apparente.
Il ricorso principale va respinto.
Il ricorso di non contiene, per ogni motivo, la
predisposizione di una sua distinta rubrica, che ne indichi le ragioni di
censura necessariamente sussunte in una delle tassative categorie logiche
contemplate dall’art. 360, comma 1, c.p.c.
La sentenza della Corte d’appello di Genova non è nulla, per violazione
dell’art. 132, n. 4, c.p.c. in quanto contiene le argomentazioni rilevanti per
individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione.
La deliberazione approvata dall’assemblea del
2017 riguardava unicamente un’azione
giudiziaria promossa da nei confronti del Condominio.
È noto come l’art. 66, comma 3, disp. att. c.c., a seguito della
riformulazione operatane dalla legge n. 220/2012, precisa che, in caso di
avviso omesso, tardivo o incompleto degli aventi diritto, la deliberazione
adottata è annullabile, ma su istanza (soltanto) dei dissenzienti o assenti
perché non ritualmente convocati. La Riforma del 2012 ha così tratto le
necessarie conseguenze sotto il profilo processuale dalla sistemazione
della fattispecie dell’omessa convocazione nell’ambito dei rimedi
sostanziali operata da Cass. Sez. Unite, 07/03/2005, n. 4806, spettando
la legittimazione alla domanda di annullamento solo alla parte nel cui
interesse esso è stabilito dalla legge (si vedano anche Cass. Sez. 2,
23/11/2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 18/04/2014, n. 9082; Cass. Sez. 2,
13/05/2014, n. 10338).
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, allora, nell’ipotesi di
controversia tra condominio e uno o più condomini, la compagine
condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite,
per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra
loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti
la maggioranza, sia rappresentato dall’amministratore, con la
conseguenza che si considera nulla per impossibilità dell’oggetto la
deliberazione dell’assemblea che, con riferimento ad un giudizio che veda,
appunto, contrapposti il condominio ed un singolo condomino, ponga
anche a carico di quest’ultimo, pro quota, l’obbligo di contribuire alle
spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore o
del consulente tecnico di parte nominati in tale processo, trattandosi di
spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle
specifiche ragioni personali del singolo condomino, e neppure, perciò,
trovando applicazione in tale ipotesi l’art. 1132 c.c. (Cass. Sez. 2,
23/01/2018, n. 1629; Cass. Sez. 2, 18/06/2014, n. 13885; Cass. Sez. 2,
25/03/1970, n. 801).
La considerazione di tale scissione della compagine condominiale in due
gruppi di partecipanti, portatori di contrapposti interessi, in quanto gli uni
promotori dell’azione su cui si debba deliberare e l’altro o gli altri, come
nella specie, destinatari di tale azione che il condominio voglia intentare,
non può non determinare implicazioni sullo stesso diritto di partecipare
all’assemblea, sul modello di quanto avviene in situazioni di condominio
parziale, ragion per cui si modifica la stessa composizione del collegio e
delle maggioranze (arg. da Cass. Sez. 2, 27/09/1994, n. 7885).
La fattispecie che vede, in relazione alla delibera assembleare volta a
promuovere una lite o a resistere ad una domanda, uno o più condomini
controparti processuali dei restanti partecipanti al condominio, non va
pertanto ricondotta alla disciplina del conflitto di interessi (come
erroneamente affermato in motivazione dalla Corte d’appello di Genova),
estesa dall’art. 2373 c.c., giacché quest’ultimo si manifesta soltanto in
sede di assemblea al momento dell’esercizio del potere deliberativo e
verte sul contrasto tra l’interesse proprio del partecipante al voto
collegiale e quello comune all’intera collettività e perciò anche a lui stesso,
il che induce a computare quest’ultimo ai fini sia del “quorum” costitutivo
che di quello deliberativo, salva la sola facoltà di astenersi dall’esercitare il
diritto di voto (Cass. Sez. 2, 28/09/2015, n. 19131). Viceversa, con
riguardo alla deliberazione assembleare relativa alla controversia tra il
condominio ed il singolo condomino, quest’ultimo, come detto, si pone
come portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla
gestione collegiale.
Neppure è giuridicamente configurabile quello che il ricorrente delinea
come “interesse … ad accedere e partecipare alla discussione
preliminare”. All’assemblea devono essere convocati gli aventi diritto
ad intervenirvi ed a votare (art. 1136, comma 6, c.c. e art. 66, comma
3, disp. att. c.c.), integrando la preventiva convocazione un requisito
essenziale per la validità della deliberazione. Non esiste un distinto diritto
alla convocazione per la sola fase preparatoria della riunione, consistente
nel dibattito antecedente al momento deliberativo, in quanto l’intervento
del partecipante nella discussione assembleare (al di fuori della peculiare
ipotesi prevista dall’art. 10, comma 2, legge 27 luglio 1978, n. 392) è
finalizzato a portare a conoscenza degli altri presenti le ragioni del proprio
voto di assenso o dissenso sull’argomento contenuto nell’ordine del
giorno.
La decisione della Corte d’appello di Genova, in definitiva, è corretta in
diritto, alla stregua del seguente principio:
in ipotesi di deliberazione assembleare volta ad approvare il
promovimento o la prosecuzione di una controversia giudiziaria tra il
condominio e un singolo condomino, venendosi la compagine
condominiale a scindere di fronte al particolare oggetto della lite in base ai
contrapposti interessi, non sussiste il diritto del singolo (in quanto
portatore unicamente di un interesse contrario a quello rimesso alla
gestione collegiale) a partecipare all’assemblea, né, quindi, la
legittimazione dello stesso a domandare l’annullamento della delibera per
omessa, tardiva o incompleta convocazione.
Ribadita la soccombenza dell’attore con riguardo alla domanda proposta
per effetto del rigetto del primo motivo d’appello, la Corte di Genova ha
perciò affermato che fosse assorbita la censura sulla compensazione delle
spese processuali di primo grado disposta dal Tribunale, non avendo il
soccombente interesse ad impugnare la motivazione addotta dal giudice
per sostenere la valutazione di opportunità della compensazione, ai sensi
dell’art. 92 c.p.c.
L’unico motivo del ricorso incidentale del
allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e la
nullità della sentenza per omessa motivazione, quanto alla compensazione
delle spese di primo grado, precisando di aver “ribadito” in appello la
richiesta del favore delle spese anche per il giudizio di primo grado, come
si può evincere dalle conclusioni rassegnate in tale sede.
Il ricorso incidentale è inammissibile.
La parte convenuta, vittoriosa nel merito, in caso di compensazione delle
spese processuali disposta dal giudice di primo grado, ove sia destinataria
di impugnazione principale ad opera dell’attore soccombente, è tenuta a
proporre appello incidentale se voglia conseguire il pagamento delle spese
del doppio grado, non potendo il giudice d’appello, in difetto di detta
impugnazione incidentale, modificare in senso favorevole al convenuto la
pronuncia sulle spese della precedente fase e restando conseguentemente
inammissibile il ricorso per cassazione proposto sul punto.
Il ricorso principale va dunque rigettato, mentre va dichiarato
inammissibile il ricorso incidentale, compensandosi per intero tra le parti
le spese del giudizio di cassazione in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art.
13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte sia
del ricorrente principale che del ricorrente incidentale, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per le
rispettive impugnazioni, se dovuto.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso
incidentale e compensa tra le parti le spese sostenute nel giudizio di
cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte
del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i rispettivi
ricorsi, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile
della Corte suprema di cassazione, il 16 gennaio 2023.
Il Presidente
FELICE MANNA