Validità contratti di locazione non registrati ante 2005

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 17.9.2019, n. 23192

Ritenuto:
che con ricorso affidato ad un unico motivo, R.B.  ha impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Genova, resa pubblica in data 9 giugno 2017, che ne respingeva il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, escludendo l’applicabilità al contratto de quo dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004 e del d. lgs. n. 23/2011, dichiarava la cessazione del contratto di locazione ad uso abitativo con la locatrice F. s.r.l. in data 31 gennaio 2011, nonché la cessazione della materia del contendere per intervenuto rilascio dell’immobile locato;
che la Corte territoriale segnatamente riteneva:
l’inapplicabilità al contratto oggetto di causa, stipulato in data 1° novembre 2003, dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004, in quanto rivolto ai soli contratti stipulati a partire dal 10gennaio 2005;
la non applicabilità dell’art. 3 del d. lgs. n. 23/2011 al contratto in esame, poiché – a prescindere dall’irretroattività della suddetta legge – la disciplina in esso contenuta si riferisce ai contratti di locazione per i quali sussisteva l’obbligo di registrazione ex art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004;
l’inapplicabilità al contratto de quo delle disposizioni di cui alla legge n. 208 del 2015 poiché, riferendosi alle sole situazioni di fatto determinatesi per gli effetti della disciplina di cui all’art. 3, comma 8 e 9, del d. lgs. n. 23/2011, prorogati dall’art. 5, comma 1-ter, del d.l. n. 47 del 2014, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto d. lgs. a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169/2015 della Corte costituzionale, ne rimaneva escluso;
che resiste con controricorso F. s.r.l.;
(omissis)

Considerato:
che  con il primo ed unico mezzo, è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’ art. 3, comma 8, del d. lgs. 14 marzo 2011, n. 23; dell’art. 5, comma 1-ter, del d.l. 28 marzo 2014, n. 47; dell’art. 1, comma 59 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, introduttiva del comma 5 all’art. 13 della legge n. 431 del 1998; dell’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per aver erroneamente la Corte territoriale – sulla base di un “collegamento” tra l’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004 e l’art. 3, comma 8, del d. lgs. n. 23/2011 – ritenuto l’inapplicabilità della disciplina di “sostituzione legale di clausole” prevista dal citato art. 3, comma 8, ai contratti di locazione stipulati in data antecedente al 1° gennaio 2005 e cioè prima dell’entrata in vigore dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004;
che il motivo è manifestamente infondato;
che è principio consolidato quello per cui la previsione dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004 – a tenore del quale i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari, ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati – si applica solo ai contratti stipulati dopo la sua entrata in vigore, giusta il criterio generale di cui all’art. 11 delle preleggi e considerata l’assenza nella norma di una previsione che imponga la registrazione dei contratti in corso (Cass. n. 27169/2016; Cass., S.U., n. 18213/2015; Cass. n. 8148/2009);
che, ciò posto, giova rammentare che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 87 del 2017, ha affermato che i commi 8 e 9 dell’art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011 «assumevano particolare rilievo nel contesto normativo in cui si andavano a collocare, poiché l’art. 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (…) – prescrivendo che “i contratti di locazione […], comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati” – aveva così “eleva[to] la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.” (ordinanza n. 420 del 2007), in aderenza ad un “principio generale di inferenza/interferenza dell’obbligo tributario con la validità del negozio” (Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 17 settembre 2015, n. 18213 e, in senso conforme, sezione terza, 14 luglio 2016, n. 14364 e 13 dicembre 2016 n. 25503). L’intervento legislativo di cui al d. lgs. n. 23 del 2011 aveva pertanto operato una sorta di convalida di un “contratto nullo per difetto di registrazione”, conformando, però, esso stesso il sottostante rapporto giuridico, quanto a durata e corrispettivo»;
che ne consegue il collegamento, correttamente colto dalla Corte territoriale, tra le norme di cui all’art. 1, comma 346, della legge n. 311 del 2004 e all’art. 3, commi 8 e 9, del d. lgs. n. 23 del 2011, con l’ulteriore precisazione che quest’ultime citate disposizioni non trovano comunque applicazione ai contratti stipulati prima della loro entrata in vigore (così in motivazione Cass. n. 6009/2018);
che la memoria di parte ricorrente (che non si misura sulla portata della citata sentenza della Corte costituzionale) non offre argomenti idonei a scalfire i rilievi che precedono;
che il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge.