Ritardo del permesso di costruire e risarcimento del danno

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 722 del 2015, proposto dalla Montecalvo
Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall’avvocato Claudio Verini, con domicilio eletto presso lo studio
dell’avvocato Roberto Carleo in Roma, via Luigi Luciani, n. 1;
contro
il Comune di L’Aquila, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in
giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sede di
L’Aquila, n. 529/2014, resa tra le parti, concernente un risarcimento del danno a
seguito del diniego del permesso di costruire in sanatoria.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 14 luglio 2021 il Cons. Oreste Mario Caputo.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n.
28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25
del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge
18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma
“Microsoft Teams” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della
Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. È appellata in parte la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per
l’Abruzzo, Sede di L’Aquila, n. 529/2014, d’accoglimento della domanda di
risarcimento danni limitatamente ai capi della pronuncia di reiezione del
risarcimento del danno come quantificato dalla società ricorrente.
1.1 Nelle premesse dell’atto introduttivo la ricorrente ha dedotto che:
– in data 6 febbraio 2004 ha acquistato un’area ed ha poi ottenuto la voltura del
titolo edilizio rilasciato dal Comune dell’Aquila ai precedenti danti causa;
– ha presentato in data 6 aprile 2004 la richiesta di un nuovo permesso di costruire
in variante alla concessione edilizia n. 520/2000, denegata dal Comune per la non
conformità delle opere alla normativa sopravvenuta;
– il TAR Abruzzo, Sede di L’Aquila, con la sentenza 4 ottobre 2006, n. 750, passata
in giudicato, ha accolto il ricorso avverso il diniego presentato dalla società;
– con provvedimento del 19 aprile 2007 il Comune ha rilasciato il permesso di
costruire in sanatoria e variante e la ricorrente ha concluso i lavori di costruzione
del manufatto progettato in data 18 ottobre 2009.
Ciò premesso in punto di fatto, la ricorrente ha chiesto la condanna del Comune
dell’Aquila al risarcimento dei danni derivanti dal ritardo di oltre due anni con il
quale il Comune le ha rilasciato il permesso di costruire, danni quantificati in Euro
503.684, 57.
2. Il Tar ha accolto la domanda di risarcimento del danno cagionato dal ritardo
nell’esecuzione dei lavori, condannando il Comune al pagamento della somma
complessiva di Euro 5.117, 68, oltre interessi e rivalutazione.
3. Avverso i capi di sentenza di reiezione delle voci di danno articolate nel ricorso,
la società ha proposto appello.
4. Alla pubblica udienza del 14 luglio 2021, tenuta in modalità telematica da
remoto, la causa, su richiesta di parte appellante, è stata trattenuta in decisione.
5. Con i motivi d’appello la ricorrente lamenta gli errori di giudizio in cui sarebbe
incorso il Tar nell’escludere il risarcimento dei danni relativi al rincaro dei costi di
costruzione intercorrente dal 2004, in coincidenza con la sospensione dei lavori,
alla ripresa dell’esecuzione delle opere avvenuta nel 2007; alla mancata concessione
in locazione a terzi dei ponteggi e della gru; ai maggiori interessi passivi; ed, infine,
al mancato utile derivante dalla proficua utilizzazione dell’immobile.
A fondamento dei motivi, oltre a richiamare il contenuto della perizia di parte, la
società deduce l’impossibilità di dimostrare analiticamente le voci di danno: il
relativo onere, come ritenuto dal Tar, si tradurrebbe, a suo giudizio, in
una probatio diabolica, contraria al principio di parità delle parti processuali.
5.1 L’appello è infondato.
La ricorrente, ai sensi degli artt. 2697 c.c. e 64 c.p.a., avrebbe dovuto fornire la
prova dei danni sofferti in conseguenza del ritardo nell’esecuzione dei lavori,
allegando le circostanze di fatto idonee ad evidenziare la prova delle voci di danno
prospettate nella domanda di condanna del Comune.
Tale onere non risulta affatto assolto dalla società appellante.
Con riguardo al danno quantificato in € 93.008,95 – corrispondente al differenziale
di costi sopportati dovuto ad un rincaro del 20% “dei costi di costruzione delle
materie prime” nell’anno di ripresa dei lavori (2007) rispetto all’anno in cui i lavori
furono illegittimamente sospesi (2004) – la perizia di parte non supplisce alla
generica affermazione che l’incremento dei prezzi non sarebbe stato compensato
da un correlativo aumento dei valori immobiliari.
Inoltre la società non ha allegato né prodotto in giudizio il computo metrico
estimativo dei lavori da cui desumere – alla stregua d’un minimo indice
d’attendibilità oggettiva – l’effettiva variazione dei costi riferiti a ciascuna
lavorazione.
Anche il maggior costo degli interessi passivi non è stato documentato, almeno
nella misura quantificata dall’appellante.
Né è risarcibile il costo per lo smontaggio del ponteggio e della gru o per
l’eventuale concessione in locazione a terzi, non indicati nominativamente né
individuati con il conforto di un contratto di locazione.
Non è risarcibile la voce di danno relativa “alla perdita della possibilità” di
intraprendere e “portare a termine un investimento immobiliare adeguato alla
liquidità che la società avrebbe potuto ottenere in anticipo” se i lavori non fossero
stati illegittimamente sospesi.
La perdita di un’occasione di guadagno, quale danno emergente deve fondarsi, ai
sensi dell’art. 2056, secondo comma, c.c., su circostanze di fatto concrete che
possano essere equamente apprezzate dal giudice.
Nel caso in esame la società appellante non ha allegato e comprovato alcuna
circostanza di fatto oggettiva (ad esempio: trattativa in corso con potenziali
acquirenti, o soggetti comunque interessati all’utilizzazione produttiva del
manufatto), né ha allegato elementi di fatto sulla ragionevole probabilità di
realizzare l’incremento patrimoniale secondo un criterio di normalità: essa s’è
limitata ad allegare lo scopo sociale perseguito ricomprendente la costruzione e
vendita di immobili.
6. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
In mancanza di un appello incidentale, la Sezione non può incidere sulla
statuizione con cui il TAR ha ravvisato la responsabilità dell’Amministrazione.
7. La mancata costituzione del Comune esonera dalla pronuncia sulle spese del
secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull’appello n. 722 del 2015, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2021 con
l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
L’ESTENSORE, Oreste Mario Caputo
IL PRESIDENTE, Luigi Maruotti