Certificato di abitabilità  e risoluzione della locazione

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 26.5.2020, n. 9670

Rilevato che:
Lavanderia … s.a.s. ricorre per la cassazione della sentenza n. 2425/2017 della Corte d’Appello di Palermo, articolando due motivi.
Nessuna attività difensiva risulta svolta dalla società resistente.
Lavanderia … espone in fatto di aver citato in giudizio, dinanzi al Tribunale di Marsala, P. Immobiliare s.r.l., rimasta contumace, per ottenere la risoluzione del contratto di locazione per uso diverso stipulato con essa il 21 marzo 2012, perché non era mai stato consegnato il certificato di agibilità e perché i locali locati risultavano inutilizzabili per la presenza di consistenti problemi di umidità che avevano determinato il crollo di una parte del tetto del seminterrato con distacco di alcune pignatte dei tralicci di cemento armato.
Il Tribunale adito rigettava la domanda di risoluzione, ritenendo che la agibilità fosse una autorizzazione amministrativa che avrebbe dovuto essere richiesta dal conduttore, in quanto necessaria allo svolgimento della sua attività, e quanto ai vizi lamentati, asseritamente accertati da una consulenza affidata all’architetto C., li riteneva non provati perché la consulenza si riferiva ad altro locale.
In sede di gravame la Società soccombente chiedeva la riforma della sentenza di prime cure, perché:
a) l’ottenimento del certificato di agibilità era un onere gravante sul locatore;
b) erroneamente la sentenza di prime cure aveva ritenuto che la consulenza dell’architetto si riferisse ad altro immobile; (omissis).
La Corte d’Appello di Palermo, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, riteneva che il certificato di agibilità rientrasse tra i titoli autorizzativi connessi all’esercizio dell’attività che era onere del conduttore richiedere, a meno che il locatore non avesse assunto specificamente l’obbligo di ottenere i titoli abilitativi necessari allo svolgimento dell’attività del conduttore. (omissis). Di conseguenza, rigettava l’appello.

Considerato che:
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e nello specifico dell’art. 24 del d.p.r. 380/2001 e dell’art. 1578 c.c..
Secondo la ricorrente, l’art. 6 del contratto di locazione, a mente del quale il locatore dichiarava che i beni locati erano in regola con tutte le normative di legge, avendo chiesto regolare autorizzazione in condono edilizio, implicava che il locatore avesse inteso garantire che l’immobile locato era a norma.
Considerando che l’art. 24 del dpr n. 380/2001 pone l’onere di chiedere il permesso di costruire al soggetto che ha presentato la Scia o la Dia, ai suoi successori ed aventi causa, la Corte d’appello ponendo il relativo onere a carico del conduttore sarebbe incorsa in un errore.
Inoltre, ai sensi dell’art. 1578 c.c. se al momento della consegna il bene locato presenta vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto a meno che si tratti di vizi conosciuti o facilmente conoscibili, pertanto, posto che il contratto indicava la specifica destinazione dell’immobile ad uso artigianale e nessuna disposizione menzionava la mancanza del certificato di agibilità, la Corte d’appello avrebbe erroneamente rigettato la domanda di risoluzione.
(omissis)
3. I motivi sono inammissibili, perché si pongono in contrasto con una giurisprudenza consolidata, a mente della quale “Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati a uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle autorizzazioni amministrative indispensabili alla legittima utilizzazione del bene locato, per cui, escluso che sia onere del locatore conseguire tali autorizzazioni, ove il conduttore non riesca ad ottenerle, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al proprietario, e ciò quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato” (Cass. 25/01/2011, n. 1735).
Nel caso di specie, peraltro, non è stato neppure dedotto che la certificazione non sia stata rilasciata per le caratteristiche proprie del bene locato, atteso che la società ricorrente ha lamentato solo il fatto che il certificato di agibilità non le fosse stato consegnato dal locatore.
La statuizione del giudice a quo che ha ritenuto irrilevante che il conduttore non avesse ricevuto dal locatore la prescrizione amministrativo-urbanistica per l’esercizio dell’attività da svolgere nell’immobile locato, escludendo la configurazione della responsabilità del locatore ex art. 1575 c.c., atteso che mancava una specifica pattuizione contrattuale di garanzia al riguardo, è conforme alla giurisprudenza di questa Corte regolatrice.
Va ribadito, infatti, che la destinazione particolare dell’immobile locato, pure indicata nel contratto, con connesse necessità che esso sia dotato di specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto “soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione”, non essendo sufficienti la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso né l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore (Cass. 8/06/2007 n. 13395).
Dalla pattuizione numero sei del contratto di locazione, riportata dalla società ricorrente, al fine di rispettare il principio di autosufficienza, non si evince affatto che il locatore si fosse impegnato a conseguire il certificato di agibilità ed a consegnarlo al conduttore, perciò nessun appunto può essere mosso al ragionamento della sentenza impugnata.
(omissis)
6. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
(omissis)

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla liquida per le spese, non avendo svolto la società resistente attività difensiva.