Abusi edilizi e demolizioni

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. 8.10.2015, n. 46418

RITENUTO IN FATTO
1. M.C. , A.P.P., a mezzo del difensore di fiducia, hanno proposto ricorso avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di Appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, in data 9 luglio 2014, che, provvedendo in sede di rinvio da questa Corte, respingeva la istanza di revoca o sospensione dell’ordine di demolizione relativo alla sentenza di condanna emessa dal Pretore di Torre Annunziata, s.d. di Torre del Greco il 24 febbraio 1994 (irrevocabile) con riferimento a reati di abuso edilizio.
Con il comune ricorso deducono violazione di legge e segnatamente errata applicazione dell’art. 36 della legge 308/2004, assumendo che “… l’affermazione della Corte, relativa alla non condonabilità dell’abuso ai sensi del combinato disposto degli artt. 32 e 33 legge 47/1985 e 32 commi 26 e 27 d.l. 260/03 si rivela erronea, essendo l’abuso interessato da domanda di condono ex art. 32 legge 47/1985 e 39 legge 724/1994”. Ne discenderebbe che la ritenuta non condonabilità dell’opera in quanto realizzata in zona vincolata non doveva essere valutata secondo il parametro dell’abuso minore, introdotto dal comma 36 dell’articolo unico della legge 308/2004, ma in base ai diversi parametri di cui all’art. 39 della legge 724/1994.
Deducono, inoltre, i1 difetto di motivazione in ordine alla non definibilità della pratica di condono in tempi brevi.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono infondati.
Come rilevato dal Procuratore Generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta, il sig. P.P., dante causa degli attuali ricorrenti, era stato condannato per la realizzazione di opere, eseguite in Torre del Greco il 31/12/1992, in zona paesaggistica vincolata, consistite in una sopraelevazione in cemento armato di mq. 160 e sbancamento di un’area di mq.12, con conseguente presentazione dell’istanza di condono in data 20/2/1995, ai sensi dell’art. 39 della legge 724/1994.
Secondo tale ultima disposizione possono formare oggetto di definizione agevolata le opere abusive, se, come nel caso in esame, ultimate entro il 31 dicembre 1993, che abbiano comportato un aumento di volumetria non superiore al 30% della volumetria della costruzione originaria o che, indipendentemente dalla volumetria iniziale o assentita, abbiano comportato un incremento di cubatura inferiore a 750 metri.
Dal provvedimento impugnato non è dato comprendere se si sia tenuto conto di tali limiti.
Tuttavia il ricorso non merita accoglimento, risultando dirimente il rilievo – formulato nell’ordinanza impugnata – circa la verifica sulla improcedibilità e improponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta, non avendo gli interessati ottemperato all’obbligo di deposito del certificato d’idoneità statica. Infatti, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, in sede di esecuzione dell’ ordine di demolizione del manufatto abusivo, disposto con la sentenza di condanna ai sensi dell’art. 7, L. n. 47 del 1985, il giudice, al fine di pronunciarsi sulla sospensione dell’esecuzione per avvenuta presentazione di domanda di condono edilizio, deve accertare l’esistenza delle seguenti condizioni: 1. la riferibilità della domanda di condono edilizio all’immobile di cui in sentenza; 2. la proposizione dell’istanza da parte di soggetto legittimato; 3. la procedibilità e proponibilità della domanda, con riferimento alla documentazione richiesta; 4. l’insussistenza di cause di non condonabilità assoluta dell’opera; 5. l’eventuale avvenuta emissione di una concessione in sanatoria tacita (per congruità dell’oblazione ed assenza di cause ostative); 6. la attuale pendenza dell’istanza di condono; 7. la non adozione di un provvedimento da parte della P.A. contrastante con l’ ordine di demolizione; 8. l’avvenuto eventuale rilascio di una concessione in sanatoria, legittima ed efficace.
Nel caso in esame tali condizioni non possono dirsi rispettate per il rilevato mancato deposito del certificato di idoneità statica.
2. Al rigetto dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

PQM
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.