Apposizione di canna fumaria

Civile Sent. Sez. 2 Num. 25790 Anno 2020
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 13/11/2020

SENTENZA
sul ricorso 1338-2016 proposto da:
SERVIZI ASSICURATIVI NORD EST SRL, rappresentato e difeso
dall’avvocato LADISLAO KOWALSKI; – ricorrente –
contro
CONDOMINIO PALAZZO LE MURA VICOLO DEL LAVATOIO
PORDENONE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL
BANCO DI SANTO SPIRITO 142, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO PISENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato
LUCA TURRIN; – controricorrente –
avverso la sentenza n. 315/2015 della CORTE D’APPELLO di
TRIESTE, depositata il 12/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/09/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;
Civile Sent. Sez. 2 Num. 25790 Anno 2020
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: SCARPA ANTONIO
Data pubblicazione: 13/11/2020
Corte di Cassazione – copia non ufficialeudito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per il rigetto del
ricorso;
uditi gli Avvocati KOWALSKI e PISENTI, per delega
dell’Avvocato TURRIN.

FATTI DI CAUSA
La Servizi Assicurativi Nord Est s.r.l. (già Servizi Assicurativi
Nord Est di Orenti Elisabetta e c. s.a.s.) ha proposto ricorso
articolato in nove motivi avverso la sentenza n. 315/2015 della
Corte d’appello di Trieste, depositata il 12 maggio 2015.
Resiste con controricorso il Condominio Palazzo Le Mura, Vicolo
del Lavatoio, Pordenone.
La Corte d’appello di Trieste ha respinto il gravame avanzato
dalla Servizi Assicurativi Nord Est s.r.l. contro l’ordinanza 19
giugno 2012 resa dal Tribunale di Pordenone su ricorso ex art.
702 bis c.p.c. della stessa società, la quale aveva domandato
di accertare il proprio diritto a realizzare sulla facciata
retrostante dell’edificio del Condominio Palazzo Le Mura, Vicolo
del Lavatoio, una condotta di aspirazione imposta
dall’amministrazione sanitaria e destinata a servizio dell’attività
commerciale di ristorazione svolta nell’unità immobiliare di
proprietà dell’attrice. Il giudice di primo grado ritenne che la
canna fumaria deturpasse l’architettura del fabbricato.
Fu avanzato appello con atto del 17 luglio 2012 dalla Servizi
Assicurativi Nord Est s.r.I., sul presupposto che la canna
fumaria non ledesse il decoro architettonico, giacché inserita in
una facciata condominiale posteriore, già caratterizzata dalla
presenza di altri manufatti. La Corte di Trieste ha evidenziato
come, che si tratti di canna fumaria o di condotta di
aspirazione, la relativa tubazione, per quanto affermato
dall’espletata CTU, avrebbe leso la linearità dell’edificio ed
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeavrebbe avuto un impatto significativo su di una facciata
avente mensole, ringhiere, travetti ed altri elementi di
dimensioni “esili”, per ottenere la “leggerezza ricercata dal
progettista per l’involucro del fabbricato”. La sentenza
impugnata ha poi ritenuto inutile un sopralluogo, trovando
riscontro l’impianto nella documentazione fotografica allegata.
Inoltre, ha aggiunto la Corte d’appello, “l’installazione
causerebbe (a parte le emissioni di odori e la costituzione di un
precedente) aspetti pregiudizievoli nei confronti dell’edificio per
quanto attiene il superamento della linda, che non risulta
fattibile se non con interventi ulteriormente impattivi dal punto
di vista del decoro architettonico”. Le soluzioni alternative
proposte nel corso nel giudizio di appello, infine, sono state
ritenute dalla Corte di Trieste estranee alle allegazioni
originarie e da sottoporre al Condominio.
Venne rinviata l’udienza pubblica inizialmente fissata per il
giorno 7 aprile 2020.
Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

RAGIONE DELLA DECISIONE
1.11 primo motivo di ricorso della Servizi Assicurativi Nord Est
s.r.l. deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. per ultrapetizione
ove l’affermazione “l’installazione causerebbe (a parte le
emissioni di odori e la costituzione di un precedente)”,
contenuta nella sentenza impugnata, costituisse una ratio
decidendi, essendosi discusso in giudizio della sola lesione al
decoro architettonico.
1.1. Tale motivo di ricorso va ritenuto inammissibile per difetto
di interesse all’impugnazione, in quanto censura per vizio di
ultrapetizione un argomento in sé del tutto superfluo, che il
giudice di appello, confermando la sentenza impugnata per
ragioni di per sé sufficienti al rigetto del gravame, ha ritenuto
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Corte di Cassazione – copia non ufficialedi aggiungere. Nonostante l’effetto sostitutivo della sentenza
d’appello, il riferimento alla “emissione di odori” operato dalla
Corte di Trieste non riveste alcuna influenza sulla pronuncia
adottata, e, in quanto considerazione fatta in via di
abbondanza, resta un obiter dictum (cfr. Cass. Sez. L,
07/06/1995, n. 6397).
2.11 secondo motivo di ricorso della Servizi Assicurativi Nord
Est s.r.l. denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art.
1102, comma 1, c.c.: assume la ricorrente che, essendo la
fattispecie in esame fuori dall’ambito di operatività dell’art.
1122 c.c., come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n.
220, e dovendo trovare applicazione soltanto l’art. 1102 c.c.,
quest’ultima norma pone quale limite all’uso della cosa comune
l’alterazione della destinazione, e non anche il “semplice
mutamento dell’aspetto architettonico”, ovvero il “pregiudizio
al decoro architettonico”; né potrebbe estendersi all’art. 1102
c.c. il limite del decoro architettonico stabilito per le
innovazioni dall’art. 1120 c.c.
Il terzo motivo di ricorso allega, sotto altro profilo, la violazione
o falsa applicazione dell’art. 1102 c.c. Si premette dalla
ricorrente che la nozione di “decoro architettonico”, in quanto
clausola generale, consente un sindacato anche in sede di
legittimità, e perciò si evidenzia come il pregiudizio al
medesimo decoro non possa ravvisarsi in un semplice
mutamento dell’aspetto del fabbricato, occorrendo, piuttosto,
una lesione dell’insieme della sua armonica fisionomia.
2.1. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, da esaminare
congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
La Corte d’appello di Trieste, apprezzando in fatto le risultanze
della CTU e le riproduzioni fotografiche, ha affermato che la
tubazione della canna fumaria, o condotta di aspirazione, che
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeavrebbe voluto installare la condomina Servizi Assicurativi Nord
Est, arrecasse pregiudizio alla linearità dell’edificio, cagionando
un impatto significativo su di una facciata avente mensole,
ringhiere, travetti ed altri elementi con caratteristiche di
“esilità”, secondo l’idea progettuale del fabbricato.
E’ conforme all’interpretazione consolidata di questa Corte
l’affermazione secondo cui l’utilizzazione con impianti destinati
a servizio esclusivo di un’unità immobiliare di proprietà
individuale di parti comuni dell’edificio condominiale (nella
specie: installazione di una canna fumaria a servizio
dell’attività di ristorazione esercitata nella proprietà della
condomina Servizi Assicurativi Nord Est) esige il rispetto delle
regole dettate dall’art. 1102 c.c.
La domanda, quale quella in esame, azionata da un condomino
per accertare la legittimità dell’uso di una parte comune, quale,
nella specie, la facciata dell’edificio, in base al disposto di cui
all’art. 1102 c.c., ha natura reale, in quanto si fonda sulla
verifica dei limiti del diritto di comproprietà su un bene. Al fine
di conclamare la legittimità dell’uso particolare del bene
comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c., spetta al giudice di
verificare altresì se l’opera arrechi pregiudizio al decoro
architettonico dell’edificio condominiale, trattandosi di limite
legale compreso nel principio generale dettato da tale norma e
che perciò deve guidare l’indagine giudiziale sulla verifica delle
condizioni di liceità del mutamento di uso.
In particolare, l’appoggio di una canna fumaria al muro
comune perimetrale di un edificio condominiale individua una
modifica della cosa comune che, seppur conforme alla
destinazione della stessa, ciascun condomino può apportare a
sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario
uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza
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Corte di Cassazione – copia non ufficialedell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno –
quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le
originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si
rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello
stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere
l’edificio. Neppure può attribuirsi alcuna influenza, ai fini della
tutela prevista dall’art. 1102 c.c., al grado di visibilità delle
innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di
osservazione dell’edificio, ovvero alla presenza di altre
pregresse modifiche non autorizzate (Cass. Sez. 2,
16/01/2007, n. 851). La relativa valutazione spetta al giudice
di merito (e risulta compiuta, sia pur succintamente, alle
pagine 6 e 7 della sentenza impugnata, avendo riguardo a
dimensioni, consistenza e tipologia del manufatto), rimanendo
insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui
all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (Cass. Sez. 2, 31/07/2013,
n. 18350; Cass. Sez. 2, 23/02/2012, n. 2741; Cass. Sez. 2,
11/05/2011, n. 10350; Cass. Sez. 2, 10/05/2004, n. 8852;
Cass. Sez. 2, 16/05/2000, n. 6341; Cass. Sez. 2, 05/10/1976,
n. 3256).
Ha ragione la ricorrente a sostenere che l’art. 1102 c.c. e l’art.
1120 c.c. sono disposizioni non sovrapponibili, avendo
presupposti ed ambiti di operatività diversi. Le innovazioni, di
cui all’art. 1120 c.c., non corrispondono alle modificazioni, cui
si riferisce l’art. 1102 c.c., atteso che le prime sono costituite
da opere di trasformazione, le quali incidono sull’essenza della
cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione,
mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà del condomino in
ordine alla migliore, più comoda e razionale, utilizzazione della
cosa, facoltà che incontrano solo i limiti indicati nello stesso
art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 19/10/2012, n. 18052). In realtà,
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Corte di Cassazione – copia non ufficialetra le nozioni di modificazione della cosa comune e di
innovazione (e, pertanto, tra le sfere di operatività delle norme
di cui all’art. 1102 e dell’art. 1120 c.c.) corre una differenza
che è di carattere innanzitutto soggettivo, giacché, fermo il
tratto comune dell’elemento obiettivo consistente nella
trasformazione della “res” o nel mutamento della destinazione,
quel che rileva nell’art. 1120 c.c. (mentre è estraneo all’art.
1102 c.c.) è l’interesse collettivo di una maggioranza
qualificata dei partecipanti, espresso da una deliberazione
dell’assemblea. Le modificazioni dell’uso della cosa comune, ex
art. 1102 c.c., non si confrontano con un interesse generale,
poiché perseguono solo l’interesse del singolo, laddove la
disciplina delle innovazioni segna un limite alle attribuzioni
dell’assemblea (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712). Non di
meno, e in ciò sta l’infondatezza del secondo e del terzo motivo
di ricorso, anche alle modificazioni apportate dal singolo
condomino, ex art. 1102 c.c., si applica, per identità di “ratio”,
il divieto di alterare il decoro architettonico del fabbricato
previsto in materia di innovazioni dall’art. 1120 dello stesso
codice (Cass. Sez. 2, 29/01/2020, n. 2002; Cass. Sez. 2,
04/09/2017, n. 20712; Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350;
Cass. Sez. 2, 22/08/2012, n. 14607; Cass. Sez. 2,
22/08/2003, n. 12343; Cass. Sez. 2, 29/03/1994, n. 3084;
Cass. Sez. 2, 14/01/1977, n. 179).
Tanto meno trova applicazione per le modifiche della facciata
dell’edificio l’art. 1122 c.c., che viene richiamato nel secondo
motivo, in quanto tale norma, sia prima che dopo la modifica
introdotta con la legge n. 220 del 2012, ha riguardo alle opere
fatte dal condomino nella porzione o unità immobiliare di
proprietà esclusiva (o comunque “destinata all’uso
individuale”).
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeOsserva la ricorrente, tuttavia, che per l’art. 1102, comma 1,
c.c., rileva soltanto l’alterazione della destinazione della cosa
comune, e non anche il pregiudizio del decoro architettonico,
contemplato unicamente dall’art. 1120 c.c. Deve, invece
ribadirsi, che il Codice civile stabilisce diverse limitazioni alle
modifiche all’uso delle parti comuni, secondo che vengono
apportate dai singoli o deliberate dai partecipanti riuniti in
assemblea. A norma dell’art. 1102, comma 1, c.c. , applicabile
al condominio negli edifici in virtù del rinvio operato dall’art.
1139 c.c., ciascun condomino può apportare a sue spese le
“modificazioni” necessarie per il migliore godimento delle cose
comuni, sempre che osservi il duplice limite di non alterare la
destinazione e di non impedire agli altri partecipanti di farne
parimenti uso, secondo il loro diritto. Entro questi limiti, perciò,
senza bisogno del consenso degli altri partecipanti, ciascun
condomino può servirsi altresì dei muri perimetrali comuni
dell’edificio ed appoggiarvi tubi, fili, condutture, targhe, tende
e altri manufatti analoghi. Per quanto già ricordato in
precedenza, allora, alle “modificazioni” consentite al singolo ex
art. 1102, comma 1, c.c., sebbene esse non alterino la
destinazione delle cose comuni, si applica altresì il divieto di
alterare il decoro architettonico del fabbricato, statuito
espressamente dall’art. 1120 c.c. in tema di innovazioni.
Ritenendo che il divieto di ledere il decoro architettonico del
fabbricato – previsto esplicitamente per le nuove opere,
deliberate dall’assemblea – non riguardi anche le modificazioni,
apportate a vantaggio proprio dal singolo condomino, questi,
operando individualmente, subirebbe, nell’uso delle parti
comuni, restrizioni minori di quante ne incontri la maggioranza
dei partecipanti riuniti in assemblea (così Cass. Sez. 2,
29/03/1994, n. 3084; Cass. Sez. 2, 14/01/1977, n. 179).
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeAltrimenti, proprio dal collegamento che deve comunque farsi
tra l’art. 1102, l’art. 1120 e l’art. 1122 c.c., questa Corte ha
specificato come l’istallazione sulla facciata dell’edificio
condominiale di una canna fumaria, di pertinenza di una unità
immobiliare di proprietà esclusiva, non debba recare danno alla
cosa comune, alterandone il decoro architettonico (Cass. Sez.
2, 31/07/2013, n. 18350).
3.11 quarto motivo di ricorso della Servizi Assicurativi Nord Est
deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo, ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c., per l’acritica adesione della
sentenza della Corte di Trieste alla C.T.U., quanto alla
ravvisata lesione del decoro architettonico, identificata con la
semplice simmetria della facciata.
Il quinto motivo di ricorso della Servizi Assicurativi Nord Est
deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo, ai sensi dell’art.
360, comma 1, n. 5, c.p.c., non risultando dalla C.T.U. che
l’apposizione della canna fumaria comportasse un’alterazione
significativa della unitarietà di linee e di stile dell’edificio.
Il sesto motivo di ricorso deduce l’omesso esame circa un fatto
decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., in quanto
la lesione del decoro architettonico suppone l’accertamento di
un’alterazione che possa procurare un pregiudizio estetico
suscettibile di una apprezzabile valutazione economica, dato
eluso dalla C.T.0
Il settimo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame circa un
fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non
avendo la sentenza impugnata comparato il criterio estetico
con quello utilitario, quanto al carattere di essenzialità della
canna fumaria per la utilizzazione dell’immobile di proprietà
della Servizi Assicurativi Nord Est.
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale3.1. I motivi dal quarto al settimo, che possono essere
esaminati congiuntamente, rivelano diffusi profili di
inammissibilità, e sono comunque infondati. L’art. 360, comma
1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012,
n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto
nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione,
relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o
secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o
dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire
che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della
controversia). Il ricorrente, quindi, nel rispetto delle previsioni
degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c.,
deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il
“dato”, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale
fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e
la sua “decisività”. Non integrano, pertanto, il vizio ex art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c. le considerazioni svolte nei motivi
quarto, quinto, sesto e settimo del ricorso, che si limitano a
contrapporre una diversa opinione circa l’insussistenza del
pregiudizio al decoro architettonico, con riguardo agli
accertamenti inerenti alla “bellezza” dell’edificio, alla “non
trascurabile entità della unitarietà di linee e di stile”, al
“deprezzamento” del fabbricato o alla “essenzialità” della canna
fumaria. E’ evidente come tali doglianze non indicano “fatti” in
senso storico e normativo, ossia fatti principali, ex art. 2697
c.c., o fatti secondari (cioè fatti dedotti ed affermati in funzione
di prova di un fatto principale), precisi accadimenti ovvero
circostanze in senso storico-naturalistico, o dati materiali,
episodi fenomenici.
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeLa nozione di decoro architettonico, contemplata dagli artt.
1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., e sottesa,
come visto, anche ai limiti di uso della cosa comune ex art.
1102 c.c., ha una portata diversa da quella di “aspetto
architettonico”, cui si riferisce l’art. 1127, comma 3, c.c., quale
limite alle sopraelevazioni. Il giudizio relativo all’impatto della
sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio va
condotto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche
visivamente percepibili dell’immobile condominiale e
verificando l’esistenza di un danno economico valutabile (cfr.
Cass. Sez. 6-2, 12/09/2018, n. 22156; Cass. Sez. 6-2,
28/06/2017, n. 16258; Cass. Sez. 2, 15/11/2016, n. 23256;
Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10048; Cass. Sez. 2,
07/02/2008, n. 2865; Cass. Sez. 2, 22/01/2004, n. 1025;
Cass. Sez. 2, 27/04/1989, n. 1947). Viceversa, il decoro
architettonico attiene a tutto ciò che si riferisce alle linee
essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e
fisionomia estetica ed armonica, che contribuisce a dare ad
esso una sua specifica identità (si veda, ad es., Cass. Sez. 2,
30/08/2004, n. 17398). Ai fini della tutela del decoro
architettonico dell’edificio condominiale, non occorre che il
fabbricato abbia un particolare pregio artistico, né rileva che
tale fisionomia sia stata già gravemente ed evidentemente
compromessa da precedenti interventi sull’immobile (Cass.
Sez. 2, 19/06/2009, n. 14455; Cass. Sez. 2, 14/12/2005, n.
27551; Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398). Neppure è
decisiva la diminuzione di valore economico correlata alla
modifica, in quanto, ove, come nella specie, sia accertata una
alterazione della fisionomia architettonica dell’edificio
condominiale, per effetto della realizzazione di una canna
fumaria apposta sulla facciata, il pregiudizio economico risulta
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeconseguenza normalmente insita nella menomazione del
decoro architettonico, che, costituendo una qualità del
fabbricato, è tutelata – in quanto di per sé meritevole di
salvaguardia – dalle norme che ne vietano l’alterazione (così
Cass. Sez. 2, 31/03/2006, n. 7625; Cass. Sez. 2, 24/03/2004,
n. 5899; Cass. Sez. 2, 15/04/2002, n. 5417). Non rileva altresì
che si tratti della facciata principale o di una facciata
secondaria dell’edificio, in quanto, nell’ambito del condominio
edilizio, le facciate stanno ad indicare l’insieme delle linee e
delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato,
imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio
estetico. La facciata rappresenta, quindi, l’immagine stessa
dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale
rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e
principale, che gli altri lati dello stabile.
Ancora, non è un “fatto”, ai fini dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c., l’essenzialità, che si prospetta nel settimo motivo, della
installazione della canna fumaria per consentire lo svolgimento
di un’attività di ristorazione all’interno di un edificio
condominiale. E’ vero che, agli effetti dell’art. 1102 c.c., con
particolare riguardo proprio al muro perimetrale del fabbricato,
bisogna ritenere che vada preservato l’uso potenziale,
spettante a tutti i condomini, di collocarvi gli impianti che
possano considerarsi indispensabili ai fini di una reale
abitabilità dei rispettivi appartamenti, intesa nel senso di una
condizione abitativa che rispetti l’evoluzione delle esigenze
generali dei cittadini e lo sviluppo delle moderne concezioni in
tema di igiene (cfr. Cass. Sez. 2, 15/07/1995, n. 7752; Cass.
Sez. 2, 18/06/1991, n. 6885; Cass. Sez. 2, 05/12/1990, n.
11695). Non può, però, con gli stessi argomenti giustificarsi
l’esigenza di un condomino di trarre dal bene comune una
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeutilità aggiuntiva e più intensa, sia pure in spregio al decoro
architettonico dell’edificio, per consentirgli lo svolgimento di
un’attività commerciale o industriale.
Il quarto, il quinto, il sesto ed il settimo motivo del ricorso della
Servizi Assicurativi Nord Est, appigliandosi al parametro del
vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., intendono, allora,
indurre questa Corte ad una rivalutazione delle emergenze
istruttorie, e non ad un controllo di legittimità, sollecitando una
nuova indagine di fatto rivolta a stabilire se in concreto ricorra
il denunciato pregiudizio all’aspetto dell’edificio, e proponendo
apprezzamenti difformi da quelli operati nella sentenza
impugnata.
Il concetto di “decoro architettonico”, come tutti quelli elaborati
dalle scienze idiografiche (qual è appunto l’architettura), che
non poggiano su leggi generalizzabili, ma studiano oggetti
singoli, non è connotato dall’assolutezza dell’inferenza induttiva
tipica delle scienze che, al contrario, elaborano frequenze
statistiche direttamente rilevanti per l’accertamento del fatto
litigioso. Si tratta, perciò, di nozione che la legge configura con
disposizione delineante un modulo generico, il quale richiede di
essere specificato in sede interpretativa, mediante
l’accertamento della concreta ricorrenza, nella vicenda dedotta
in giudizio, degli elementi che integrano il parametro
normativo, ponendosi sul piano del giudizio di fatto,
demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se
privo di errori logici o giuridici.
Quanto, infine, all’adesione prestata dalla Corte di Trieste alle
conclusioni peritali, spetta comunque al giudice di merito
esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche
introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei
motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in
Ric. 2016 n. 01338 sez. 52 – ud. 23-09-2020
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeordine alla congruità dei risultati della consulenza e delle
ragioni che li sorreggono. Tale valutazione non può essere
sindacata in sede di legittimità invocando dalla Corte di
cassazione un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in
maniera da pervenire ad una nuova validazione e
legittimazione dei risultati dell’espletata consulenza tecnica
d’ufficio.
4.L’ottavo motivo di ricorso della Servizi Assicurativi Nord Est
deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 1102 c.c.,
ovvero, in subordine, l’omesso esame circa un fatto decisivo, ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., con riguardo
all’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo
cui “l’installazione causerebbe … aspetti pregiudizievoli nei
confronti dell’edificio per quanto attiene il superamento della
linda, che non risulta fattibile se non con interventi
ulteriormente impattivi dal punto di vista del decoro
architettonico”. La ricorrente contesta che l’inserimento nel
tetto di una canna fumaria di pochi centimetri di diametro
possa costituire di per sé lesione del decoro architettonico;
mancherebbe, in ogni caso, la motivazione sul punto.
4.1. L’ottavo motivo di ricorso è inammissibile: con esso si
intende far valere la divergenza della ricostruzione fattuale
operata dalla Corte d’appello rispetto al convincimento
soggettivo della ricorrente, prospettando un più appagante
coordinamento dei dati acquisiti. La tesi asserita nella censura
è che una canna fumaria “di pochi centimetri di diametro”, che
sporga dalla falda del tetto, non possa, per principio,
pregiudicare il decoro del fabbricato, e ciò, evidentemente, a
prescindere dalle caratteristiche del singolo edificio e/o della
parte di esso interessata, e dall’esistenza, o meno, di una
unitarietà di linee e di stile, suscettibile comunque di
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Corte di Cassazione – copia non ufficialealterazione in rapporto alla modificazione dedotta in giudizio.
Quanto alla censura di omessa motivazione, tale vizio non è
più configurabile alla stregua del nuovo testo dell’art. 360,
comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che la norma suddetta, come
visto in precedenza, attribuisce rilievo solo all’omesso esame di
un fatto decisivo per il giudizio. Volendo ritenersi che la
ricorrente abbia inteso, in realtà, denunciare il vizio di omessa
motivazione quale ipotesi di nullità della sentenza, per
violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c., va evidenziato come la
pronuncia impugnata contenga le argomentazioni rilevanti per
individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della
decisione.
5.11 nono motivo di ricorso allega il vizio di omessa pronuncia
ex art. 112 c.p.c. o di omesso esame di fatto decisivo,
relativamente alla proposta alternativa di realizzazione della
tubazione invocata già nell’atto di appello. Si fa riferimento alla
richiesta di perizia avanzata tra le istanze istruttorie contenute
nell’atto di gravame ed alla soluzione migliorativa prospettata
dal consulente tecnico di parte, che ipotizzava di portare la
condotta al livello del marciapiede.
5.1. Il nono motivo di ricorso è fondato.
La Corte di Trieste si è limitata ad affermare che le soluzioni
alternative proposte nel corso del giudizio di appello non
potessero trovare “sfogo” in quella fase, nella quale doveva
decidersi “intra (originariamente) alligata”. Ciò valeva a
prospettare una implicita inammissibilità per novità della
deduzione operata dall’appellante. La sentenza impugnata
assume che tali soluzioni alternative avrebbero potuto, invece,
“essere offerte dall’appellante al Condominio”.
Deve tuttavia considerarsi che la domanda azionata da un
condomino, volta, come nella specie, all’accertamento del
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Corte di Cassazione – copia non ufficialediritto di un condomino ad installare una canna fumaria sulla
facciata dell’edificio condominiale, in base al disposto di cui
all’art. 1102 c.c., ha natura reale, in quanto si fonda sulla
verifica dei limiti del diritto di comproprietà su un bene. Essa
perciò rientra nel novero delle azioni relative ai diritti
autodeterminati, individuati sulla base del bene che ne forma
l’oggetto, la cui “causa petendi” s’identifica con lo stesso diritto
di comproprietà sul bene comune, sicché comunque non vi è
diversità di domande, agli effetti degli artt. 183 e 345 c.p.c.,
ove l’attore, nel corso del giudizio, deduca a fondamento della
sua pretesa modalità realizzative della medesima opera diverse
da quelle originariamente prospettate, trattandosi di
allegazione compresa nel medesimo “petitum”, consistente
nella richiesta di accertamento giudiziale delle condizioni di
liceità del mutamento di uso.
La Corte d’appello di Trieste avrebbe perciò dovuto verificare
se accogliere la domanda di accertamento del diritto della
ricorrente di servirsi della cosa comune, nei limiti di cui all’art.
1102 c.c., operando le modificazioni di consistenza e struttura
ulteriormente specificate in sede di gravame. Né si comprende
perché i giudici di secondo grado abbiano sostenuto che le
soluzioni alternative, proposte nel corso del giudizio di appello,
andavano eventualmente “offerte dall’appellante al
Condominio”, non risultando accertata, e neppure dedotta,
l’esistenza, nella specie, di una apposita previsione di natura
convenzionale che imponga il consenso preventivo
dell’amministratore o dell’assemblea per le opere modificative
delle parti comuni dell’edificio.
6. Deve pertanto accogliersi il nono motivo del ricorso della
Servizi Assicurativi Nord Est s.r.I., mentre vanno rigettati i
primi otto motivi. La sentenza impugnata viene cassata, in
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Corte di Cassazione – copia non ufficialeragione della censura accolta, con rinvio della causa alla Corte
d’appello di Trieste in diversa composizione, la quale terrà
conto dei rilievi svolti e si uniformerà al principio enunciato,
provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di
cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il nono motivo del ricorso, rigetta i restanti
motivi, cassa la sentenza impugnata nei limiti della censura
accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d’appello di Trieste in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda
sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23
settembre 2020.

Il Consigliere estensore
Antonio Scarpa