Notizie a mezzo PEC e sanatoria

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Ordinanza 12 maggio 2020, n. 8815

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21666/2018 R.G. proposto da:
R.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Paolo Venturi e Pierfrancesco Macone, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Nazario Sauro, n. 16;
– ricorrente –
contro
S.V., rappresentata e difesa dall’Avv. Fabio Bajetto, domiciliato, ai sensi dell’art. 366
c.p.c., comma 2, presso la cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1097 del Tribunale di Genova depositata il 17 aprile 2018;
Udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Dott. Cosimo
D’Arrigo;
letta la sentenza impugnata;
letto il ricorso, il controricorso e le memorie depositate ai sensi dell’art. 380-bis-1
c.p.c..

Svolgimento del processo
R.M. conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di pace di Genova, S.V., proprietaria
dell’appartamento sovrastante il suo, sostenendo che da questo provenissero delle
infiltrazioni di umidità.
Il Giudice di pace dichiarava la contumacia della convenuta e, accogliendo la
domanda, la condannava al pagamento della somma di 3.220 Euro.
La S. appellava la decisione, sostenendo che la domanda dell’attrice fosse
sprovvista di prova. L’appellata, per ciò che qui rileva, eccepiva l’inesistenza dell’atto
di appello, in quanto la copia notificata non era firmata digitalmente; lamentava,
inoltre, la mancanza della firma digitale anche nella procura alle liti e l’inesistenza
della notificazione dell’atto di appello, mancando la relata.
Il Tribunale di Genova, in funzione di giudice d’appello, accoglieva l’impugnazione,
rigettava le domande proposte in primo grado e compensava integralmente tra le
parti le spese di lite.
Avverso tale sentenza la R. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre
motivi. La S. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato
memorie difensive.

Motivi della decisione
1. La ricorrente sostiene che la S. era decaduta dal termine perentorio per proporre
l’appello, in quanto l’atto di impugnazione, la relativa procura alle liti e la sua
notificazione erano afflitti da vizi tali da determinarne l’inesistenza.
2.1 Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 125
c.p.c., nonchè del D.L. n. 179 del 2012, del D.M. n. 44 del 2011, artt. 18 e 34, del
D.M. Giustizia 16 aprile 2014, art. 12, del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 20, comma 1-
bis, della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis.
In particolare, la ricorrente si duole della circostanza che l’atto di citazione in appello
le sia stato notificato tramite una PEC contenente tre files non firmati digitalmente,
riportanti l’estensione “.pdf”, anzichè “.p7m”.
Il motivo è infondato.
2.2 In primo luogo la doglianza sul difetto di qualificazione “.p7m” dell’atto non è
fondata.
Secondo la recente giurisprudenza di questa Corte, infatti, le firme digitali di tipo
CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le
differenti estensioni “.p7m” e “.pdf”, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed
efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna (Sez. U,
Sentenza n. 10266 del 27/04/2018, Rv. 648132 – 02; Sez. 2, Sentenza n. 30927 del
29/11/2018, Rv. 651536 – 01).
2.3 Con riferimento poi all’asserita violazione delle regole dettate dalla L. n. 53 del
1994, art. 3-bis, e dal relativo Decreto ministeriale di attuazione, correttamente il
giudice di appello ha ritenuto che ogni eventuale nullità fosse stata sanata dal
raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c. Difatti, l’irritualità della
notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la
nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza
dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Sez. U, Sentenza
n. 7665 del 18/04/2016, Rv. 639285 – 01).
Peraltro, con specifico riferimento alla copia notificata al convenuto, è stato precisato
che la mancanza della sottoscrizione del difensore non ne comporta la nullità se
dalla copia stessa “sia possibile desumere, sulla scorta degli elementi in essa
contenuti, la provenienza da procuratore abilitato munito di mandato. Quel che infatti
rileva, ai fini del raggiungimento dello scopo d’un atto affetto da nullità per difetto di
sottoscrizione, è non già la sua conoscibilità, sibbene la sua riferibilità alla persona
che ne appare l’autore” (Sez. 3, Ordinanza 15 maggio 2018, n. 11793, non
massimata, in motivazione). In particolare, non si verifica una nullità quando dalla
copia dell’atto di citazione notificato, pur priva della firma del difensore, sia possibile
desumere la provenienza dal procuratore abilitato.
3.1 Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 83 c.p.c., del D.M. n. 44
del 2011, art. 18, comma 5, della L. n. 53 del 1994, art. 3-bis e del D.L. n. 179 del
2012, art. 16-undecies. La ricorrente si duole della mancanza dell’attestazione di
conformità e della sottoscrizione digitale della procura alle liti allegata all’atto di
citazione in appello, che – a causa di tali mancanze – sarebbe priva pure del
carattere della specificità.
Il motivo è infondato.
3.2 Per quanto attiene al formato “.pdf”, anzichè “.p7m”, della procura si rinvia a
quanto sopra rilevato in relazione al primo motivo (par. 2.2), ribadendosi l’irrilevanza
del formato per la validità dell’atto.
3.3 L’attestazione di conformità è stata prodotta in occasione dell’iscrizione a ruolo e
del deposito del fascicolo telematico. A quella data era ancora possibile il rilascio ex
novo della procura, secondo quanto previsto dall’art. 125 c.p.c., comma 2.
La ricorrente sostiene che tale articolo non potrebbe applicarsi alla notifica a mezzo
PEC, che è regolata da norme speciali.
Tale asserzione non è, tuttavia, condivisibile, in quanto non si scorge alcuna
incompatibilità fra le regole della notificazione degli atti giudiziari a mezzo PEC e la
possibilità di regolarizzare il mandato alle liti nel termine stabilito dall’art. 125 c.p.c.,
comma 2.
Si aggiunga, inoltre, che la circostanza che l’atto di citazione sia stato notificato
tramite PEC certamente non esclude l’applicazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2. A
maggior ragione, pertanto, deve ritenersi consentito integrare i poteri rappresentativi,
mediante il deposito telematico di una procura alle liti debitamente munita di
asseverazione di conformità, al momento dell’iscrizione a ruolo della causa.
4.1 Con il terzo motivo si deduce la violazione della normativa relativa alla
sottoscrizione, trasmissione e notifica degli atti propri a mezzo PEC, del D.M. n. 44
del 2011, art. 18, n. 5, (così come modificato dal D.M. n. 48 del 2013), della L. n. 53
del 1994, art. 3-bis, commi 4 e 5, del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-undecies e degli
art. 148 e 156 c.p.c. La ricorrente lamenta l’inesistenza della notificazione – oltre che
per i vizi dell’atto di citazione e della procura alle liti sopra trattati – per difetto della
relata di notifica e per l’indicazione asserita-mente errata nell’oggetto della PEC. Il
motivo è infondato.
4.2 Anzitutto, la notificazione a mezzo PEC sarebbe nulla perchè – in violazione della
L. n. 53 del 1994, art. 3-bis, comma 4, – nell’oggetto non era riportata la dicitura
“notifica ai sensi della L. n. 53 del 1994”.
La censura è infondata.
Infatti, l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata
non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il
risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo
legale (Sez. U, Sentenza n. 23620 del 28/09/2018, Rv. 650466 – 02; fattispecie
relativa alla mancata indicazione, nell’oggetto del messaggio di PEC, della dizione
“notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”).
4.3 Più in generale, però, deve dirsi che pure le notifiche a mezzo PEC opera il
principio della sanatoria della nullità se l’atto ha raggiunto il suo scopo, ex art. 156
c.p.c., comma 3, (Sez. U, Sentenza n. 7665 del 18/04/2016, Rv. 639285 – 01; Sez. 1,
Sentenza n. 20625 del 31/08/2017, Rv. 645225 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 24568 del
05/10/2018, Rv. 651155 – 03).
La ricorrente richiama la sentenza di questa Corte n. 23968 del 12 ottobre 2017, ma
si tratta di un precedente inconferente, perchè si trattava di un caso in cui la notifica
venne effettuata prima presso il domicilio del difensore, non andata a buon fine, e
poi ripetuta solo tramite posta elettronica non certificata neppure dal difensore della
parte, bensì da una sua collaboratrice.
5. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della ricorrente, ai sensi
dell’art. 385 c.p.c., comma 1, nella misura indicata nel dispositivo.
Ricorrono altresì i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma
17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per
l’impugnazione da lei proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3,
Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro
1.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli
esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24
dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello
stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2020