Vendita immobile e certificato di abitabilità

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 22.9.2020, n. 19749

Fatti di causa
1. C.S. citò in giudizio, innanzi al Tribunale di Torino, M.R. per chiedere accertarsi che l’immobile acquistato era privo di certificato di abitabilità e che, ai sensi dell’art.1492 c.c., fosse riconosciuta la riduzione del prezzo nella misura di euro 56.666, oltre interessi dalla domanda al saldo;
chiese, inoltre, il risarcimento dei danni relativi alle spese di ristrutturazione e di arredo sostenute ed alle spese notarili.
1.1. Nel contraddittorio con M.R., il Tribunale di Torino respinse la domanda.
1.2. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 28.9.2018, in riforma della sentenza di primo grado, accolse, per quanto di ragione, l’appello della C.S., limitatamente all’azione risarcitoria; sulla base dell’interpretazione della domanda, affermò che l’attrice aveva agito per ottenere il risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale – per aver ricevuto un bene diverso da quello pattuito – senza chiedere la risoluzione del rapporto contrattuale.
Riguardo al quantum debeatur, determinò il danno in via equitativa, sulla base del minor valore dell’immobile risultante della consulenza di parte svolta ante causam poiché non era possibile determinare il danno nel suo preciso ammontare mentre ritenne generica la domanda risarcitoria, avente ad oggetto i lavori di ristrutturazione dell’immobile ed inconferente la domanda volta ad ottenere i danni per i lavori di sistemazione ed arredo dell’appartamento.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso M.R. sulla base di tre motivi.
2.1. Ha resistito con controricorso C.S..
(omissis)

Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 c.p.c., 1452 c.c. e 1453 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n. 3 c.p.c. in quanto l’azione di risoluzione per inadempimento ex art.1453 c. non sarebbe stata oggetto della domanda introduttiva, con la quale l’attrice avrebbe chiesto la riduzione del prezzo, ai sensi dell’art. 1492 c.c. e l’azione risarcitoria sarebbe proposta limitatamente alle spese di ristrutturazione, agli arredi ed alle spese notarili. L’azione di inadempimento del contratto, proposta per la prima volta in appello, costituirebbe, pertanto, una domanda nuova, diversa dal tema decidendum del giudizio di primo grado; conseguentemente, la Corte d’appello, atteso il divieto dei nova, avrebbe dovuto dichiararne l’inammissibilità.
2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 1226 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c. per avere la corte di merito determinato il danno in via equitativa, in assenza di prova sull’an debeatur mentre il giudizio equitativo sarebbe possibile solo ove vi fosse la prova del danno.
3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per illogicità manifesta della motivazione in quanto la corte di merito avrebbe, da un lato, riconosciuto il diritto risarcitorio e dall’altra rigettato la domanda ex art. 1492 c.c..
4.1 motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.
(omissis)
4.4. La corte di merito ha correttamente affermato che, nella vendita di immobile destinato ad abitazione, il certificato di abitabilità costituisce requisito giuridico essenziale del bene compravenduto, poiché vale a incidere sull’attitudine del bene stesso ad assolvere la sua funzione economico-sociale, assicurandone il legittimo godimento e la commerciabilità. Il mancato rilascio della licenza di abitabilità, pertanto, integra un inadempimento del venditore per consegna di “aliud pro alio”, adducibile da parte del compratore in via di eccezione, ai sensi dell’art. 1460 c.c., o come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità’ o esonerato comunque il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza (Cassazione civile sez. II, 18/09/2019, n. 23265; Cassazione civile sez. II, 30/01/2017, n. 2294; Cassazione civile sez. II, 06/07/2011, n. 14899).
4.5. Il giudice di merito, in applicazione del principio iura novit curia, ha qualificato la domanda introduttiva come azione di inadempimento del contratto di vendita per assenza del certificato di abitabilità e di risarcimento dei danni, indipendentemente dal richiamo dell’azione di garanzia di cui all’art.1492 c.c. (Cassazione civile sez. II, 07/03/2007, n.5202).
4.6. Non vi è stata, pertanto, alcuna violazione dell’art.1453 c.c., né dell’art.1492 c.c. in quanto la qualificazione della domanda spetta al giudice di merito e l’accertamento della colpa del venditore era funzionale alla decisione sulla domanda risarcitoria.
4.7. In relazione al quantum del risarcimento, la corte di merito, attesa l’impossibilità di determinare il danno nel suo preciso ammontare, ha fatto ricorso al criterio equitativo, ai sensi dell’art. 1226 c.c., assumendo quale parametro di riferimento la consulenza tecnica di parte, non specificamente contestata dalla convenuta, che aveva accertato un minor valore dell’immobile privo di certificato di abitabilità nella misura di un terzo del prezzo pagato dalla compratrice.
4.8. La corte di merito ha correttamente applicato il principio di diritto, secondo cui, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, l’inadempimento dell’obbligo, gravante sul venditore-costruttore, di consegnare all’acquirente il certificato di abitabilità è “ex se” foriero di danno emergente, per il minor valore di scambio del bene che da ciò consegue; tale danno, ove accertato nell’“an”, è suscettibile di essere liquidato dal giudice in via equitativa, essendo obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provarne il preciso ammontare (Cassazione civile sez. III, 10/10/2019, n. 25418).
4.9. La motivazione impugnata non è, pertanto, nulla per violazione dell’art.132 c.p.c. n. 4, essendo il vizio di nullità configurabile quando la sentenza è inidonea a raggiungere lo scopo, ovvero di spiegare le ragioni del decidere; la “mancanza della motivazione”, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, va ravvisato quando le argomentazioni sono svolte in modo talmente contraddittorio e con passaggi logici talmente incongrui da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum (Cass. Sez. Unite 07/04/2014 n. 8053).
5. I1 ricorso va pertanto rigettato.
5.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
(omissis)

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200 ed agli accessori di legge.