Tabelle millesimali contrattuali e modifica

Con sentenza n. …..
la Corte di appello di Venezia confermò la sentenza del Tribunale di Vicenza, che aveva
dichiarato nulla la delibera dell’assemblea del condominio in Vicenza del 28. 5. 2009, che aveva modificato a
maggioranza le tabelle millesimali prevedendo la partecipazione alle spese delle parti comuni dell’edificio
anche da parte delle unità immobiliari site al piano terra in precedenza escluse.
La Corte veneziana motivò tale conclusione osservando, in adesione alla sentenza di primo grado, che le tabelle oggetto di modifica
erano allegate al regolamento di condominio e che esso aveva natura contrattuale; che era infondata
l’eccezione del condominio che aveva negato al regolamento tale natura sulla base del rilievo che nell’atto di
acquisto del condomino X fosse stata inserita la seguente clausola: ” La parte venditrice fa presente e la parte
acquirente prende atto che le tabelle millesimali 2° ( proprietà e spese vano A) e 3 0 ( proprietà e spese
ascensore e montacarichi scala A ) allegate al citato regolamento di condominio, sono state ritenute errate,
per cui sono in fase di revisione”, atteso che il predetto condomino, al pari degli altri, stipulando l’atto di
acquisto dall’impresa costruttrice, si era obbligato ad osservare le norme del regolamento e le annesse
tabelle e che lo stesso X aveva corrisposto senza riserve le relative spese pro quota, accettando così tale
regolamentazione; che correttamente il giudice di primo grado aveva dichiarato la nullità della delibera che
aveva approvato a maggioranza la modifica, in quanto le tabelle originarie erano frutto di una espressa
convenzione tesa a derogare ai criteri legali di ripartizione, escludendo alcune unità immobiliari dal
contributo relativo a determinate spese, sicché esse potevano essere modificate solo con il consenso
unanime di tutti i condomini. Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 30. 5. 2016, ricorre
il condominio in Vicenza, affidandosi a due motivi. Resistono con controricorso Y Z. La causa è stata avviata
in decisione in adunanza camerale non partecipata. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Preliminarmente va esaminata l’eccezione sollevata in controricorso di difetto di legittimazione passiva
dell’amministratore del condominio ricorrente, per avere questi proposto l’impugnazione senza
autorizzazione dell’assemblea. L’eccezione va respinta, avendo questa Corte già più volte precisato che,
tenuto conto delle attribuzioni demandategli dall’art. 1131 cod. civ., l’amministratore di condominio può
resistere all’impugnazione della delibera assembleare ed impugnare la relativa decisione giudiziale senza
necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea ( Cass.n. 7095 del 2017; Cass. n. 1451 del 2014 ). In ogni
caso l’eccezione appare superata dalla produzione da parte del condominio, consentita dall’art. 372 cod.
proc. civ., della delibera autorizzativa alla proposizione dell’impugnazione, approvata dall’assemblea in data
23. 6. 2016. Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 116 cod. proc.
civ. e 1123, 1138 e 1372 cod. civ. e violazione e falsa applicazione dei principi informatori della materia
condominiale e contrattuale, vizio di motivazione ed errore logico-giuridico nell’interpretazione della
clausola contrattuale contenuta nell’atto di acquisto del condomino X, censurando la sentenza impugnata
per avere ritenuto raggiunta la prova della natura contrattuale del regolamento di condominio, a cui le tabelle
originarie erano annesse. Assume in particolare il condominio che tale prova non vi era in atti, tenuto conto
che essa avrebbe potuto essere data solo dimostrando che il regolamento condominiale era stato richiamato
e fatto proprio da tutti gli atti di acquisto dei singoli condomini e che, inoltre, il giudice d’appello ha
malamente interpretato la clausola presente nel rogito di acquisto del condomino X, che evidenziava
l’erroneità delle tabelle allegate al regolamento. Si aggiunge che, comunque, la natura contrattuale del
regolamento di condominio non può estendersi automaticamente alle tabelle ad esso allegate, a meno che
si provi l’intenzione dei condomini di derogare al regime legale di ripartizione delle spese, cioè approvare
quella ” diversa convenzione ” di cui all’art. 1123, comma 1, cod. civ. e si richiama, a sostegno delle censure,
la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’atto di approvazione delle tabelle, come quello di revisione
delle stesse, non ha natura negoziale, e può di conseguenza essere adottato dall’assemblea a maggioranza.
Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 113 cod. proc. civ. e 1123, 1138
e 1372 cod. civ. ed errore logico-giuridico nell’interpretazione della sentenza n. 18477 del 2010 delle Sezioni
unite della Corte di cassazione, che ha affermato la modificabilità a maggioranza delle tabelle di gestione
nell’ipotesi in cui i condomini non abbiano espressamente convenuto di derogare al regime legale di
ripartizione delle spese, non reputando a tal fine sufficiente che le tabelle siano allegate ad un regolamento
di condominio avente natura contrattuale. I due motivi, che possono trattarsi congiuntamente, vanno
respinti. Le censure volte a contestare l’accertamento del giudice di merito in ordine alla natura contrattuale
del regolamento di condominio sono inammissibili. Va premesso che la sentenza impugnata è pervenuta a
tale conclusione affermando, in adesione a quanto accertato dal Tribunale, che ” l’inserimento della clausola
di esenzione a favore delle parti a piano terra in tutti gli atti di acquisto non era stato contestato dal
condominio, ed era dunque pacifico in causa “. Tale affermazione configura un accertamento di fatto che non
viene specificatamente contestato dal motivo attraverso critiche puntuali idonee ad evidenziarne l’erroneità,
con riguardo in particolare all’applicazione del principio di non contestazione, ai sensi dell’art. 115, comma
1, cod. proc. civ. La Corte veneziana ha poi escluso che un dissenso in ordine al regolamento ed alle tabelle
di gestione ad esso allegate potesse desumersi, per il condomino X , dalla clausola inserita nel suo atto di
acquisto in cui si dava atto che le tabelle erano affette da errore, in quanto risultava dallo stesso atto di
acquisto che questi si era obbligato ad osservare le norme del regolamento e le annesse tabelle, tenuto conto
anche del suo comportamento successivo di sostanziale accettazione dei criteri di riparto in esse contenute.
Sostiene al riguardo il ricorso che tale conclusione è affetta da vizio motivazionale ed errore logico-giuridico.
La censura è manifestamente generica. Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’interpretazione
dell’atto negoziale integra un apprezzamento di fatto demandato dalla legge al giudice di merito, che può
essere censurato in sede di giudizio di legittimità solo mediante la deduzione della violazione dei criteri di
interpretazione stabiliti dall’art. 1362 e seguenti cod. civ., con il conseguente onere per il ricorrente di
indicare specificamente il criterio interpretativo che sarebbe stato nella specie violato e le ragioni della
asserita violazione, senza potersi limitare a contrapporre a quella accolta dal giudice di merito una diversa
interpretazione dell’atto. La doglianza non rispetta tali prescrizioni, mancando della stessa indicazione della
norma di legge che sarebbe stata violata, e va dichiarata pertanto inammissibile. Quanto alla questione
giuridica sollevata dai motivi, il ragionamento svolto dalla Corte di appello e la conclusione a, cui essa è
pervenuta nel caso ‘t concreto appaiono giuridicamente -eff1i e conformi all’indirizzo della giurisprudenza di
questa Corte. Con l’arresto n. 18477 del 2010, richiamato dallo stesso ricorrente, le Sezioni unite della Corte
hanno infatti precisato che l’atto di approvazione delle tabelle di ripartizione della spesa, qualora si adegui al
criterio legale indicato dall’art. 1223 cod. civ. e dall’art. 68 disp. att. stesso codice, che fissa la misura della
contribuzione proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino, costituisce un’operazione
meramente esecutiva ed aritmetica e non ha pertanto valore negoziale, a prescindere dal fatto che essa sia
allegata al regolamento di condominio di natura contrattuale e quindi approvata da tutti i condomini insieme
ad esso. Diversa è invece l’ipotesi in cui la tabella deroghi al criterio legale di proporzionalità del valore delle
proprietà individuali, atteso che in tal caso essa integra quella ” diversa convenzione ” fatta salva dall’ultimo
inciso dell’art. 1223, comma 1. In tale situazione l’atto di approvazione della tabella, in quanto avente natura
negoziale, deve provenire da tutti i condomini. Nel caso di specie non v’è dubbio che la tabella di cui si discute
fosse derogatoria al criterio legale sopra menzionato, dal momento che esentava le proprietà site al piano
terra dalla contribuzione relativa alle spese di alcune parti comuni dell’edificio ( androne, scale, ascensore,
montacarichi ), con l’effetto che essa poteva essere modificata con il voto favorevole di tutti i condomini e
non a maggioranza. Il ricorrente deduce tuttavia che nel caso di specie la tabella originaria non aveva natura
negoziale, atteso che in tanto può riconoscersi alla tabella natura di diversa convenzione in quanto risulti che
i condomini, nell’approvarla, abbiano espressamente inteso derogare al criterio legale di ripartizione. Il
rilievo, di per sé esatto dal punto di vista giuridico, non coglie tuttavia nel segno, tenuto conto che la tabella
originaria, di contenuto come si è visto derogatorio rispetto alla disciplina legale, risulta nella specie, come
accertato dal giudice di merito, approvata da tutti i condomini insieme al regolamento. In tale situazione non
si vede come, in mancanza di elementi diversi e contrari, possa negarsi la riconducibilità della tabella e quindi
del suo contenuto alla volontà espressa dei condomini. Ed invero proprio la citata decisione delle Sezioni
unite indicata dal ricorrente ha ritenuto conforme alla propria scelta la precedente sentenza di questa Corte
n. 5399 del 1999, che, esaminando il caso in cui le tabelle allegate al c.d. regolamento contrattuale non
avevano rispettato il criterio della proporzionalità di cui all’art. 68 disp. att. cod. civ., aveva affermato il
principio che le tabelle millesimali allegate a regolamento contrattuale non possono essere modificate se
non con il consenso unanime di tutti i condomini o per atto dell’autorità giudiziaria. Il ricorso va pertanto
respinto. Le spese del giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Si dà atto che sussistono i
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio, che liquida in euro 5.500,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese
generali. Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello ,e ( dovuto per il ricorso..

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2021.