Rumore e disturbi molesti in condominio

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 55096/2016

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 16 ottobre 2014 il Tribunale di Novara condannava R.G. alla pena di euro 220 di ammenda (con la diminuente del rito abbreviato) oltre alle spese, relativamente al reato di cui agli art. 81 e 659 del cod. pen. perché con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in tempi diversi, abusando con l’utilizzo di strumenti sonori – anche in orario notturno – disturbava il riposo e le occupazioni dei propri condòmini occupanti gli appartamenti sovrastanti e sottostanti la sua abitazione e in particolare di P.R. e T.V. ed i rispettivi familiari con loro conviventi. In Novara in epoca anteriore prossima al 6 febbraio 2013.
2. Ricorre in Cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
2.1. Erronea applicazione della legge penale.
Il legislatore ha depenalizzato il reato di cui all’art. 659 cod. pen. (d. l. 67 del 2014). Inoltre la condotta dell’imputato può integrare l’ipotesi dell’art. 131 bis del cod. pen. (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto).
2.2. Mancanza della motivazione.
La sentenza, come nella stessa dichiarato, si fonda su scarne risultanze probatorie. Invece le condanne andrebbero pronunciate solo se la responsabilità è accertata al di là di ogni ragionevole dubbio. Non ci sono accertamenti strumentali.
Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Il reato previsto dall’art. 659 cod. pen. non risulta depenalizzato, non rientra tra le ipotesi di depenalizzazione del d. lgs. n. 7 e n. 8 del 2016. La previsione della depenalizzazione nella legge n. 67 del 2014 all’art. 2 non è sufficiente per ritenere depenalizzato il reato.
Il reato previsto dall’art. 659 cod. pen., disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, non può ritenersi abrogato per effetto diretto della legge 28 aprile 2014, n. 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio, per la depenalizzazione di tale fattispecie. (Vedi Sez. 3, n. 20547 del 14/04/2015 – dep. 19/05/2015, su diversa fattispecie di reato, art. 2, comma primo bis, D.L. 12 settembre 1983, n. 463).
4. Il ricorrente poi contesta molto genericamente la decisione impugnata ed in particolare l’assenza di accertamenti strumentali del rumore.
La sentenza impugnata con motivazione adeguata, immune da contraddizioni e da manifeste illogicità ha ritenuto responsabile il ricorrente del reato contestatogli; i Carabinieri su richiesta dei condomini del ricorrente il giorno 6 febbraio 2013 si sono recati presso l’abitazione del R.G., e P.R. unitamente a T.V. si avvicinavano ai Carabinieri e rappresentavano che il condomino R.G. era solito ascoltare musica ad altissimo volume. A sommarie informazioni il P.R. dichiarava che il ricorrente era solito ascoltare musica ad altissimo volume incurante delle lamentele del condominio, e il 6 febbraio 2013 la musica era a volume altissimo già dal mattino, tanto che era uscito per non sentire più; inoltre suo figlio – di soli tre anni – manifestava segni di nervosismo perché sempre disturbato nel sonno dai rumori del ricorrente; T.V. a sommarie informazioni rappresentava che sin dalla mattina c’era la musica a volume altissimo, insopportabile, tanto che il figlio, studente universitario era stato costretto ad uscire per studiare in altro luogo; inoltre con altri condòmini avevano anche sottoscritto una petizione all’istituto diocesano proprietario dell’appartamento condotto in locazione dal R.G.
In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indeterminato di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete. (Fattispecie in cui l’intensità delle emissioni sonore è stata ricostruita mediante la deposizione dei testimoni, i quali avevano riferito di non riuscire a seguire i programmi televisivi). (Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015 – dep. 16/03/2015; sez. 3 del 5 maggio 2016 n. 18687).
4. 1. Nel nostro caso l’accertamento è avvenuto con le sommarie informazioni sopra riportate; inoltre nella motivazione, esauriente e non contraddittoria, non si rinvengono manifeste illogicità. Trattandosi di condominio, la configurabilità del reato è realizzata solo se il disturbo non sia limitato agli appartamenti sovrastanti e sottostanti a quello del disturbatore: “Perché sussista la contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio”. (Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013 – dep. 13/11/2013). (omissis).
Nel nostro caso l’intensità dei rumori, che ha costretto intere famiglie a uscire dalla casa per trovare un po’ di pace, e la lettera esposto alla Curia, con richiesta di intervenire quale proprietaria dell’appartamento, inducono a ritenere, come adeguatamente motivato nella sentenza impugnata, che il disturbo sia avvenuto nei confronti di un numero indeterminato di persone, o comunque era potenzialmente idoneo ad infastidire tutto lo stabile ed anche oltre.
(omissis)
Alla dichiarazione di inammissibilità derivano la condanna alle spese e la condanna al pagamento in favore della cassa delle ammende di euro 1.500.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500 in favore della Cassa delle ammende.