Vendita appartamento e porzione condominiale di box

CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 9.9.2016, n. 17844

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 1994 gli odierni resistenti sigg. S. e A. hanno agito contro i signori F.N. e P.L., per far dichiarare la nullità dell’atto di vendita con cui avevano acquistato dai convenuti un appartamento in Sciacca, nella parte in cui era stata omesso il trasferimento del diritto reale sul box destinato parcheggio.
Tale domanda veniva accolta dal tribunale di Sciacca nel 2001 con sentenza non definitiva.
Nel 2004 veniva stabilito l’obbligo degli attori di versare quale corrispettivo la somma di circa 8.000 euro.
La Corte di appello di Palermo con la sentenza 17 maggio 2010 ha rigettato l’appello proposto dai venditori ed ha accolto l’appello incidentale degli acquirenti, riconosciuti comproprietari dell’area condominiale destinata a parcheggio a suo tempo acquistata, senza obbligo di corrispondere alcun corrispettivo ulteriore.
F.N. e P.L. hanno proposto ricorso per cassazione, notificata il 30 giugno 2011.
I sigg. S. hanno resistito con controricorso illustrato da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
(omissis)
3) La corte appello ha riconosciuto, in rigetto dell’appello e accoglimento dell’incidentale di S., che quest’ultimo, con l’atto di provenienza dai ricorrenti aveva acquistato l’appartamento e lo spazio condominiale vincolato a parcheggio.
Ha aggiunto che i venditori, che l’avevano ricevuta dal costruttore loro dante causa, non si erano espressamente riservati la proprietà di detta area, riserva che peraltro non sarebbe stata legittima secondo la normativa urbanistica.
Ha pertanto ritenuto che nel prezzo pattuito fosse ricompreso il valore dell’appartamento e della comproprietà dello spazio condominiale, costituito dall’area di 363 mq retrostante l’edificio di via …, originariamente acquisito dai F.N./P.L. nel 1977 e rivenduto, senza esplicita riserva alcuna, ma anzi includendo le parti condominiali, agli odierni resistenti.
Il ricorso svolge due motivi.
Il primo denuncia violazione e falsa applicazione dell’ artt. 1363 c.c.
Vi si sostiene che i ricorrenti non avevano venduto il box che identificava l’area di parcheggio, perché (pag. 7): gli spazi condominiali già consentivano il parcheggio dell’auto in quanto superavano i 363 mq originariamente vincolati a parcheggio; il box individuato in favore dei F. era stato da essi destinato a magazzino con relativa variazione catastale; nell’atto di compravendita del 1991 non era stata evidenziata la alienazione del box.
Il motivo lamenta quindi un’erronea interpretazione della clausola contrattuale relativa all’alienazione della pertinenza condominiale.
La censura è infondata.
La Corte di appello ha ispirato la decisione a una ineccepibile lettura dei principi giuridici in materia di aree di parcheggio disciplinate dalla L. n. 765 del 1967.
Come ha ricordato la memoria di parte resistente, la giurisprudenza di questa Corte (per uno svolgimento esauriente si può vedere Cass. 26252/20013) tiene fermo un vincolo di destinazione, di natura pubblicistica, per il quale gli spazi in questione sono riservati all’uso diretto delle persone che stabilmente occupano le singole unità immobiliari delle quali si compone il fabbricato o che ad esse abitualmente accedono. Si consente la riserva di proprietà in capo al costruttore venditore purché sia rispettato il vincolo di destinazione.
Si ritiene anche che qualora non vi sia stata alcuna riserva o sia stato omesso qualunque riferimento nei titoli di acquisto, gli spazi destinati a parcheggio vengono a ricadere – per effetto del vincolo pertinenziale – fra le parti comuni di cui all’art. 1117 c.c..
Nel caso di specie è escluso dal tenore dell’atto di acquisto F.N. del 1977, che era (cfr. sentenza d’appello pag. 6) l’atto costitutivo del condominio, che vi sia stata esclusione della condominialità del bene.
Se così è, non vi poteva essere successivamente sottrazione dei beni (aree di parcheggio vincolate) alla loro destinazione comune.
Nell’atto del 1991 i contraenti non hanno neppure esplicitato la riserva di proprietà del box.
Pertanto l’interpretazione più agevole e corretta non poteva che essere quella che la corte di appello di Palermo ha dato. Ha cioè linearmente ritenuto che insieme all’appartamento fosse stata trasferita e pagata, inclusa nelle parti condominiali alle quali era fatte riferimento generico, anche la porzione di “spiazzo condominiale” che nell’atto di acquisto originario era espressamente contemplata come tale e in cui era contrassegnato il box n. 4.
Il silenzio dell’atto del 1991 circa la individuazione del box, o la sua variazione catastale, non rilevano a fronte della persistenza di vincoli urbanistici normativamente presidiati, che cagionano la nullità della eventuale riserva: il paradosso che si pretende è quello di voler far dire ad un atto notarile ciò che esso non potrebbe mai dire, cioè che vi era sottesa una clausola nulla, quali sono le clausole degli atti privati, di disposizione degli spazi stessi, difformi dal contenuto vincolato (Cass. 6751/03; 14355/04; 28345/13; v. anche 8220/16).
Bene ha fatto quindi la Corte di appello a interpretare l’atto di acquisto secondo i canoni più coerenti con il disposto normativo.
4) Infondatamente parte ricorrente si duole nel secondo motivo della condanna parziale alla refusione delle spese di lite, che sono state compensate parzialmente e non per intero.
La censura è manifestamente infondata, giacche l’esito complessivo del giudizio, al quale si deve conformare la statuizione sulle spese, è stato largamente favorevole agli odierni resistenti.
Discende da quanto esposto il rigetto e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in euro 3.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.