Roma, 22 giugno 2022
Dichiarazione di Stefano Chiappelli, Segretario generale SUNIA

Nel DL 73/22 all’art. 7 viene introdotta una modifica alle modalità di attestazione dei contratti di locazione concordato, transitorio e per studenti universitari.
Si prevede quindi che l’attestazione rilasciata a seguito di un primo contratto, valga anche per contratti successivi della stessa natura.
Una norma confusa e di problematica applicazione, che rischia di creare incertezza e insicurezza tra i proprietari e gli inquilini che si accingono a stipulare i contratti di locazione.
Peraltro, per motivi di presunta semplificazione amministrativa, si vanno di fatto a ridurre ulteriormente le già esigue forme di tutela e garanzia nei confronti della parte debole del contratto, ossia l’inquilino, sottraendogli la possibilità di verificare, attraverso l’attestazione, i contenuti normativi del contratto di locazione.
Si corre il concreto rischio di un ritorno indietro di anni del sistema dei controlli sulla reale rispondenza dei contratti (che, ricordiamo, hanno una particolare agevolazione fiscale), compromettendo seriamente il diritto alla stipula di un contratto la cui legittimità sia attestata sia sul piano fiscale che civilistico.
Tutto ciò senza alcuna consultazione con le associazioni rappresentative degli inquilini e dei proprietari che, per effetto della legge 431/98 e per il DM infrastrutture 16/1/2017, hanno il ruolo e l’onere di sottoscrivere la convenzione nazionale e gli accordi territoriali.
Peraltro sono trascorsi sei anni dall’ultima convocazione del Tavolo per la Convenzione Nazionale mentre la legge prevede una cadenza triennale che non è stata rispettata.
Con questa confusa norma si aprono molteplici problemi: oltre a privare gli eventuali contratti successivi al primo degli strumenti di verifica dei contenuti specifici, si rischia il ritorno a canoni che non rispettano i parametri fissati negli accordi e clausole vessatorie, non previste dal contratto tipo.
Chi controllerà tutto questo? Non certo l’Agenzia delle Entrate o i Comuni che hanno sempre sostenuto di non essere in grado di esercitare un capillare riscontro dei contenuti dei contratti.
È incomprensibile come in una fase di grave crisi del mercato abitativo non si sia piuttosto pensato, come noi chiediamo da tempo, di puntare sul canale concordato esteso a tutto il territorio nazionale, con risorse e agevolazioni fiscali assegnate a contratti verificati e controllati.
Ora la parola passa al Parlamento che, auspichiamo, voglia cassare questa norma iniqua e confusa che non garantisce la reale trasparenza delle contrattazioni e il riconoscimento dei benefici fiscali solo a contratti stipulati nella piena regolarità e correttezza di tutte le clausole.
A questo proposito chiediamo l’immediata apertura di un confronto con le rappresentanze sindacali di inquilini e proprietari, a livello del Parlamento, dei Ministri competenti, dell’Agenzia delle Entrate.