Catania, 1 Febbraio 2021

Grazie all’iniziativa di 50 donne e uomini tecnici, intellettuali e cittadini che hanno sottoscritto un’articolata lettera aperta sull’annunciata demolizione di una parte consistente dell’edificato dell’ex ospedale Santa Marta, la collettività è venuta a conoscenza  che la Regione aveva deciso di intervenire su uno dei tanti ospedali dismessi , senza che questo intervento fosse previsto negli strumenti  pianificatori e tanto meno senza che  fosse stato avviato alcun confronto con la collettività.

E’ del tutto evidente che non si possa parlare di rigenerazione urbana inerente l’area dell’Antico Corso considerando solo l’area e gli edifici del Santa Marta senza considerare che in quel territorio, centrale e strategico, insistono le aree e gli edifici dell’ex ospedale Vittorio Emanuele e quelli dell’ex Santo Bambino.
Siamo poi convinti che la progettazione di interventi sulla città e di rifunzionalizzazione dei grandi contenitori dismessi   non possa che basarsi sull’individuazione dei bisogni e delle esigenze della popolazione   e sul fatto che la chiusura dei nosocomi ha comportato in tempi brevissimi lo spopolamento di una zona che fin troppo caotica ha subito un’evidente accelerazione del processo della sua marginalizzazione.
Il Dibattito che è scaturito dopo la pubblicazione della lettera aperta è stato ed è sicuramente interessante e sembra che l’Amministrazione comunale, seppur tardivamente, abbia colto che l’esigenza del confronto in città è sentita e forte non solo tra i tecnici.
Qualche perplessità la desta la scarsa chiarezza del percorso individuato: il comunicato dell’Ufficio stampa del Comune che annuncia l’indizione di un incontro per mercoledì pomeriggio, infatti, non lascia trasparire né le reali intenzioni del Comune né le modalità con cui si vuole procedere né chi siano i soggetti invitati a partecipare.

Ma parlando di esigenze e bisogni, tra le proposte che nel dibattito avviato stanno prendendo corpo manca quasi del tutto quella della realizzazione di edilizia sociale nell’ambito del progetto di rigenerazione dell’area.
Eppure è da tempo che come SUNIA abbiamo sollevato la necessità di intervenire in tal senso e abbiamo chiesto un confronto sull’argomento.
Riteniamo che anche a Catania vada seguito l’esempio degli interventi realizzati in altre città italiane ed europee che hanno ripopolato e rivitalizzato i centri urbani desertificati inserendo quote di edilizia sociale, spesso nei contenitori pubblici dismessi, per consentire l’insediamento dei residenti di lungo periodo.
Potrebbe essere l’occasione per partecipare al bando del Mit finanziato con 854 milioni di euro per il “Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (art. 1 c. 437 e segg., L.n. 160 del 27/12/2019, D.I. n. 395 del 16/06/2020). Bando di prossima scadenza a cui Catania non si può permettere di non partecipare. Pensiamo poi che, la ricostituzione di comunità potrebbe rappresentare una risposta sensata agli stravolgimenti che a causa della pandemia stanno interessando le nostre città sempre più povere  e vuote.  Potrebbe essere l’occasione per ridare ai nostri centri urbani nuovo senso e nuova vita e per porre fine all’idea sbagliata di realizzare edilizia popolare solo nelle periferie già dense di edifici residenziali pubblici.